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Confindustria: la scuola deve puntare su merito e autonomia

Una “ricetta” che farà discutere tutta incentrata sul merito dei docenti e l’autonomia degli istituti: è quella che la Confindustria ha messo sul tavolo per modernizzare la scuola italiana e favorire l’occupazione e l’accesso dei giovani al mondo del lavoro. La proposta di azione è stata presentata il 21 maggio a Milano direttamente al ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni durante il convegno ‘Autonomia e qualità della scuola in Europa’, organizzato da Assolombarda.
Il pacchetto di interventi proposto da Confindustria intende introdurre una serie di importanti novità nel mondo della scuola: dagli stipendi più alti da assegnare agli insegnanti più meritevoli all’autonomia di budget, fino alle revisione dello status giuridico dei professori e all’assegnazione ai giovani di almeno il 10 per cento dei posti di lavoro. Se su alcuni punti, come la riserva di posti a favore dei giovani, ci potrebbe essere il sostegno di molti addetti ai lavori e ‘parti’ in causa, su altri siamo ancora lontano dal consenso di massa: per i sindacati, infatti, il concetto di meritocrazia non sarebbe di facile applicazione nella scuola; chi sarebbe deputato, ad esempio, a stabilire quali sono i docenti più bravi e quelli meno? Il rischio dell’assoggettamento ai dirigenti, temono i rappresentanti dei lavoratori, sarebbe dietro l’angolo. Va anche detto che comunque questa è la strada intrapresa, seppure con diverse modalità, per rilanciare il settore istruzione in tutti i paesi industrializzati.

Il documento di Confindustria è stato sottoscritto da 18 organizzazioni datoriali ed ha individuato proposte da adottare con urgenza che riguardano in particolare cinque ambiti: la qualità dell’apprendimento, attraverso la riduzione del numero delle discipline e una maggiore attenzione a quelle scientifiche e tecnologiche, una rivalutazione del ruolo degli insegnanti attraverso la selezione e il riconoscimento dei meriti, una valorizzazione dell’autonomia scolastica che va di pari passo con un rafforzamento dell’autonomia finanziaria e gestionale e, infine, una promozione della cultura scientifica e tecnologica attraverso anche un coinvolgimento delle categorie produttive al mondo della scuola.
Una delle situazioni attuali che non piaci agli industriali sembra essere quello dell’eccessivo numero di precari: circa 130 docenti con supplenza annuale e quasi 80 mila Ata. “In Italia – ha spiegato Gianfelice Rocca,vicepresidente di Confindustria per l’Education – c’è un sistema di reclutamento che ha creato sacche gigantesche di precari”. Da rivedere anchel’alto rapporto alunni-docenti.Secondo i dati di Confindustria nel nostro paese oggi ci sono 15 insegnanti per classe a fronte dei 6 o 7 europei. Il numero dei professori tra il 1980 e il 2005 è passato da 100 a 105 mentre quello degli studenti è sceso da 100 a 74. Un dato per tutti che dimostra quanto enormi siano le risorse liberabili. Anche per il il futuro del Paese dipende dalla qualità del sistema educativo. In questo contesto “un pilastro irrinunciabile è la formazione tecnica e professionale – ha detto Diana Bracco, presidente di Assolombarda – ed è auspicabile che il sistema regionale di istruzione si inquadri in un meccanismo virtuoso che lo metta a confronto con quello statale”.
Di fronte a queste proposte inserite nel piano di azione dell’associazione degli industriali, il ministro Pronta la risposta del ministro della Pubblica Istruzione. “Allo stimolo di Confindustria – ha detto Fioroni – replico ribadendo la necessità di ripristinare nella scuola un dizionario di parole come serietà, regole, merito e certezze. In questo contesto occorre ripristinare la motivazione nei nostri ragazzi che vanno liberati dal debito pubblico e dal più alto tasso di gerontocrazia”. Poi, entrando nel merito dell’istruzione tecnica, ha sottolineato come questa “sia una materia di confronto che non prevede nemici”, con questo replicando indirettamente al governatore lombardo Roberto Formigoni che, nell’accogliere con favore le proposte di Confindustria ha chiesto per la Lombardia tutte le competenze in materia di istruzione e formazione professionale ribadendo la centralità dell’autonomia scolastica che “per le scuole italiane oggi è esclusivamente didattica mentre manca l’autonomia finanziaria, organizzativa e gestione”. Vista la risposta decisamente ‘diplomatica’ del responsabile della Pubblica Istruzione, l’impressione è che al momento le emergenze siano altre, ad iniziare dal sanare lo stato debitorio di tutto il sistema scuola. Per la qualità e gli investimenti, soprattutto a favore delle materie tecnico-scientifiche, bisognerà attendere. Il problema è capire fino a quando. 

Alessandro Giuliani

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