Il rilancio degli istituti superiori tecnici e professionali? Non dipende più dall’organizzazione scolastica, ormai profondamente rinnovata a seguito delle riforme introdotte negli ultimi mesi. Quel che manca per l’attuazione di un vero piano di potenziamento di questo genere di istituti è, piuttosto, una maturazione culturale da parte di tutte le parti in causa: un’accelerazione, in pratica, verso quei modelli di premialità e meritocrazia che sinora parte dei sindacati e quasi tutti i collegi dei docenti hanno osteggiato. A sostenerlo è Gianfelice Rocca, vicepresidente di Confindustria per l’education: nel corso del convegno ‘Giovani e lavoro; la sfida della nuova istruzione tecnica’, svoltosi all’Assolombarda, il rappresentante degli industriali ha sottolineato che “le riforme ci sono, ma i risultati dipendono da come verranno attuate. Serve un cambiamento profondissimo di cultura e valori e uno sforzo di coesione tra tutte le forze del paese per liberare il merito e passare da una società bloccata a una società aperta”. In effetti, l’attesa riforma non ha cambiato molto la situazione: il ritorno di interesse per gli istituti non liceali non si è mai verificato.Per Rocca, tuttavia, “il made in Italy soffoca se i giovani talenti italiani non optano, oltre che per i licei, per la formazione tecnica e professionale”.
Stavolta Confindustria non si è limitata a spronare il Governo: ha fatto sapere di aver anche “messo a punto un pacchetto di proposte concrete per il decollo dell’istruzione tecnica”, che contribuirà “a colmare il gap tra il mondo della scuola e il mercato del lavoro”. Questo il piano di rilancio predisposto: “formare gli insegnanti della scuola media al valore culturale dello sviluppo industriale per aiutarli a orientare meglio gli studenti verso il pragmatismo tecnologico; diffondere le reti scuole-imprese in tutte le Regioni per un efficace inserimento dei giovani in azienda; semplificare e rendere più efficace il contratto di apprendistato; coinvolgere gli imprenditori nella valutazione delle competenze dei diplomati tecnici e professionali e realizzare con le imprese un sistema di formazione tecnica superiore”. In effetti, si tratta di proposte in parte originali e praticabili, almeno teoricamente. Il problema è che giungono all’indomani della contestata riforma della scuola superiore, la cui attuazione, oltre che stentare, non sembra sinora tenere conto di questo genere di indicazioni.
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