Lo svolgimento delle operazioni militari in Ucraina – definite speciali dalle forze russe ed affiliati delle stesse – presenta un impatto diretto su storia, memoria, passato e vissuto dei popoli coinvolti, i quali storicamente hanno la possibilità – ma anche il dovere – di metabolizzare gli eventi come si sono presentati, senza particolari stravolgimenti ideologici. La logica di guerra, ben lontana da un sano, coeso ed organico dibattito ontologico mascherato da canoni di natura emergenziale, ha definitivamente influenzato non solo la narrativa degli eventi sul campo, ma il racconto degli stessi e soprattutto la raccolta di fonti a supporto, spesso ai limiti del ridicolo ed assurdo, che non rispettano le condizioni di base di affidabilità, autorevolezza ed affidabilità.
La chiusura di emittenti televisive antigovernative, l’introduzione di letteratura fortemente ideologica ed allusiva – ambo le parti belligeranti – sta via via inquinando una visione sana, distinta e diligente della guerra soprattutto delle nuove generazioni, coinvolte nelle conseguenze economiche ed organizzative, talvolta tristemente fisiche e psicologiche di un conflitto transcalare di complessa collocazione. Ha fatto discutere l’introduzione nelle scuole della Federazione Russa di nuovi testi per l’apprendimento delle discipline storico-filosofiche che recano gravi omissioni ed inesattezze circa il conflitto non solo in Ucraina, ma anche in Cecenia e Georgia, risalenti rispettivamente agli anni ’90 ed al 2008. Lo stesso, purtroppo, sta accadendo in Ucraina.
Le potenze in campo stanno intensificando i rispettivi sforzi per garantire che anche i giovani siano in linea con la narrativa ufficiale quando si tratta della guerra in Ucraina. Il Ministero dell’Istruzione russo, ad esempio, questa settimana ha reso noti i nuovi libri di testo di storia con sezioni su quella che chiama “l’operazione militare speciale” in Ucraina, l’annessione della Crimea e le sanzioni occidentali. Il presidente russo Vladimir Putin ha sempre sostenuto che le operazioni militari di Mosca in corso in Ucraina costituiscono uno sforzo per liberare il paese da un “regime nazista” e dall’influenza occidentale.
È arrivato persino a suggerire che non esisteva un’Ucraina indipendente, insistendo invece sul fatto che il paese è stato tradizionalmente parte della Russia e che russi e ucraini costituiscono “un solo popolo”. Le cartine presenti sui testi in oggetto rappresentano una Federazione Russa estesa verso occidente oltre i confini legalmente riconosciuti delle Nazioni Unite, in riferimento ai territori acquisiti di Donec’k, Luhans’k, Zaporizzija, Cherson e Crimea secondo una retorica dal sapore sovietico relativa ai confini storici “relitti” della dissoluzione dell’Impero Russo. Anche in Ucraina ha fatto discutere il cambio di passo dei docenti di storia e filosofia: si tratta il periodo sovietico con maggiore astio e rancore, rendono noto gli osservatori occidentali.
Il potere politico, di qualsivoglia natura e posizione, ha sempre preteso di influenzare le decisioni in sede di campagna elettorale o in casi amministrativi e giudiziari delicati. L’utilizzo dei media, in particolare nel Novecento, intriso di propaganda mascherata da istruzione e verità, ha caratterizzato dei tentativi di modificare la narrativa generale; si pensi al caso Luce negli anni ’30 o di INCOM, format post-bellico, contro li residui di memoria fascista a favore di contromemorie rivoluzionarie. L’articolo pubblicato su La Repubblica, in riferimento al tema in oggetto, rende nota la non lontana volontà dell’Esecutivo di prendere in esame la riscrittura – o la revisione – dei contenuti storici pubblicati sui testi scolastici diffusi negli istituti del Belpaese.
Ad esercitare da sempre pressione sono i gruppi di azione giovanile legati ad ambienti nazionalisti e popolari, intenzionati a lanciare vere e proprie campagne di revisione massiva dei contenuti “contro le falsificazioni”. Quelli che le forze di sinistra definirebbero come “disillusi del dopoguerra”, si trovano ora ad affermare percezioni e memorie, perplessità proprie di un’Italia che negli anni ’50 era alle prese con il tentativo di celebrare il 25 Aprile, non voluto da Scelba, criticato dai fautori della memoria nera e celebrato dagli oppositori della rossa.
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