Di recente mi sono occupato di una sentenza della Cassazione che impone alle scuole paritarie l’obbligo di pagare coi propri fondi l’insegnante per il sostegno agli alunni con disabilità che la legge 62/2000 obbliga le stesse ad accettare. La sentenza dà una rilevanza eccessiva al comma 3 dell’art 33 della Costituzione che proclama la libertà per i privati di aprire scuole, purchè “senza oneri per lo Stato”. In Piemonte invece è scoppiato un caso opposto: il Comune di Bibiana ha approntato una scuola paritaria per consentire a tutti i cittadini di accedere alla scuola dell’infanzia gratuitamente; ma una recente legge regionale stabilisce che non si possono aprire scuole dell’infanzia pubbliche se queste costringono alla chiusura scuole paritarie private già operanti e comunque per l’apertura di una scuola paritaria pubblica occorre il parere favorevole dei rappresentanti delle scuole paritarie private. E così è avvenuto che, dopo la spesa comunale per la predisposizione della scuola, la Regione, a seguito del parere negativo dei rappresentanti delle scuole paritarie private, ha vietato al Comune di Bibiana l’apertura della scuola.
Ill parere dei rappresentanti delle scuole paritarie private si fonda sul comma 4 dello stesso art. 33 della Costituzione secondo il quale alle scuole private che ottengano dallo Stato il riconoscimento della parità debbono essere riservati lo stesso trattamento di quelle statali.
Come si noterà ho sempre usato il termine “scuole paritarie” sia per le scuole private che per quella comunale. Infatti qui non si tratta di contrapposizione tra scuole private e statali, come nella sentenza della Cassazione; ma tra scuole tutte non statali, dichiarate paritarie siano esse private che istituite da un ente pubblico non statale come il Comune.
Quindi qui la vertenza si pone nell’ambito dell’applicazione della legge sulla parità scolastica e non nell’ambito dell’eventuale conflitto tra scuole statali e non statali.
E’ quindi problema di interpretazione della legge 62/2000 sulla parità. E’ concepibile che una legge regionale possa attribuire un diritto di veto alle scuole paritarie private circa l’apertura di una scuola comunale paritaria? A me pare di no, in forza del rango costituzionale attribuito ai Comuni come ente istituzionalmente preposto alla tutela degli interessi della comunità dei propri cittadini. Se la Costituzione e tutta la legislazione primaria norma i Comuni come enti esponenziali , democraticamente rappresentati, come interpreti politici e decisori degli interessi della comunità dei propri abitanti, sembra inconcepibile che la valutazione degli interessi effettuata dai rappresentanti della stessa comunità generale possa essere annullata dalla decisione di un organismo privato portatore degli interessi solo dei soggetti da esso rappresentati, anche se trattasi di soggetti culturalmente qualificati.
Sotto questo profilo, mi sembra corretta la denuncia di incostituzionalità della legge regionale piemontese, non tanto perché violerebbe l’art 33 della costituzione, quanto perché sovvertirebbe la stessa logica costituzionale globale.
Non si confondano quindi le due ipotesi, in quanto, a mio avviso, la decisione della Cassazione è discutibile, mentre la legge regionale del Piemonte è costituzionalmente inammissibile.
Salvatore Nocera
Responsabile del settore legale dell’Osservatorio scolastico dell’A I P D (Associazione Italiana Persone Down)
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