L’agenzia Dire fa il rendiconto dell’Iniziativa promossa dal segretario nazionale Unicobas Scuola, Stefano D’Errico, da sempre contrario a questo meccanismo di valutazione introdotto con i famosi test Invalsi, “pedissequamente uguali dalla Sicilia al Trentino Alto Adige, che non tengono conto delle differenze geografiche, degli ordini e gradi diversi della scuola e dei diversamente abili, ma che si interessano di questioni che hanno a che fare con scelte religiose e politiche delle famiglie”.
Di diverso parere l’esponente del Miur, Carmela Palumbo, direttore generale per gli ordinamenti e l’autonomia scolastica, secondo cui sulla rilevazione degli apprendimenti ci sono ancora “tanti pregiudizi e luoghi comuni”. I test Invalsi sono “prima di tutto uno strumento per le scuole, la cui finalità è concentrarsi solo sugli apprendimenti di base”. In risposta poi ai timori degli studenti che temono che tali rilevazioni tolgano spazio alla didattica ordinaria e siano uniformanti, il direttore ha risposto: “Stiamo evolvendo verso un sistema di valutazione più articolato che propone delle prove che contemplino anche risposte aperte e la possibilità per gli studenti di fornire brevi commenti, quindi sono molto più articolate”.
L’aspettativa è però la scuola “bene comune e non business”, sottolineato da Anna Angelucci, esponente dell’associazione nazionale ‘Per la scuola della Repubblica’, per la quale il sistema di valutazione proposto in Italia è basato su “test standardizzati a risposta multipla che non soddisfano le esigenze di una valutazione intesa come processo complesso”. I test Invalsi “sono infatti uno strumento di controllo, poiché hanno una funzione retroattiva sul nostro insegnamento che ci costringe a un lavoro di addestramento con il ‘teaching to test’, al quale si sono adeguate anche le case editrici che propongono testi in adozione basati sul modello dell’Invalsi”.
Giorgio Israel, professore di Storia della Matematica presso La Sapienza di Roma, immagina un sistema di valutazione sui contenuti realizzato da “commissioni ispettive incrociate che portino alla luce lo stato delle varie istituzioni scolastiche mettendole a paragone”; mentre Andrea Ichino, professore di economia dell’European University Institute di Fiesole, ha proposto “l’autogestione della scuola pubblica sia nella scelta delle risorse umane che nel disegno dell’offerta formativa, da realizzare in alcuni istituti in via sperimentale, controllata e valutata dallo Stato”.
A chiudere il confronto sono stati un dubbio sulla proposta di Ichino ed una riflessione del professore Francesco Sabatini, presidente onorario dell’accademia della Crusca: “In Italia l’autonomia gestionale funziona poco poiché il privato non è affidabile, in particolare in alcuni ambienti del Paese”. Infine, “attenti ai numeri. Sono importanti ma sarebbe un errore fermarsi al dato, bisogna invece vedere cosa si cela dietro”.
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