Con uno stringato parere del 20 febbraio 2013 che non lascia spazio a dubbi interpretativi il Dipartimento della Funzione Pubblica è intervenuto sulla portata applicativa dell’art. 4, comma 24, della l. n. 92 del 2012 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), relativamente al congedo obbligatorio e al congedo facoltativo del padre lavoratore.
Nel rispondere ad un quesito avanzato dal Comune di Reggio nell’Emilia, il Capo Dipartimento Antonio Naddeo è stato chiaro: “la normativa in questione non è direttamente applicabile ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, atteso che, come disposto dall’art. 1, commi 7 e 8, della citata l. n. 92 del 2012, tale applicazione è subordinata all’approvazione di apposita normativa su iniziativa del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Pertanto, per i dipendenti pubblici rimangono validi ed applicabili gli ordinari istituti disciplinati nel d.lgs. n. 151 del 2001 e nei CCNL di comparto”.
Nel rispondere ad un quesito avanzato dal Comune di Reggio nell’Emilia, il Capo Dipartimento Antonio Naddeo è stato chiaro: “la normativa in questione non è direttamente applicabile ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, atteso che, come disposto dall’art. 1, commi 7 e 8, della citata l. n. 92 del 2012, tale applicazione è subordinata all’approvazione di apposita normativa su iniziativa del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Pertanto, per i dipendenti pubblici rimangono validi ed applicabili gli ordinari istituti disciplinati nel d.lgs. n. 151 del 2001 e nei CCNL di comparto”.
Quindi, i padri dipendenti delle p.a. non hanno diritto al congedo obbligatorio di paternità e ai due giorni di congedo facoltativo, così come le madri lavoratrici delle pubbliche amministrazioni non potranno accedere ai cosiddetti voucher a sostegno della maternità.
L’ennesima discriminazione per i dipendenti pubblici, che si vedono privati di alcuni strumenti di cui invece godranno i lavoratori del settore privato.