La famiglia e la scuola, forse, non sono mai state così distanti. Lo confermano i nostri lettori, che quotidianamente si lamentano dei genitori degli alunni. Lo confermano i genitori che non sono soddisfatti delle scuole e dei docenti dei loro figli. Purtroppo, lo confermano anche i tantissimi episodi di violenza a scuola che sempre più spesso coinvolgono tanto gli alunni, quanto genitori e docenti. La domanda sorge spontanea: Che fine ha fatto il Patto di corresponsabilità educativa?
Il Patto Educativo di Corresponsabilità, ricordiamo, è un documento importante che mette in evidenza il contratto educativo tra scuola e famiglia. L’obiettivo del patto educativo, vincolante con la sua sottoscrizione, è quello di “impegnare le famiglie, fin dal momento dell’iscrizione, a condividere con la scuola i nuclei fondanti dell’azione educativa” , come recita la nota Miur del 31/7/2008.
Una visione più ampia e possibilmente più concreta del patto, è la consapevolezza che scuola e famiglia sono due attori che partecipano allo stesso spettacolo e che condividono lo stesso palcoscenico, seppur con ruoli diversi.
A tal proposito, La Tecnica della Scuola ha raccolto il pensiero e le esperienze di Articolo 26, associazione nazionale di genitori che si battono per l’educazione degli studenti, ma soprattutto, per il dialogo costante con l’istituzione scolastica.
L’associazione, nelle ultime settimane, sta portando avanti un percorso già avviato da quattro anni, ovvero la richiesta al Ministero di riconoscere il diritto di scelta dei genitori sui progetti scolastici degli alunni, per scongiurare il rischio “educazione di Stato“, fa notare la vicepresidente di Articolo 26, Chiara Iannarelli.
Ci spiega meglio cos’è il diritto di scelta dei genitori sui progetti scolastici?
Da quattro anni stiamo portando avanti l’importanza della Corresponsabilità educativa, e questo vuol dire che chiediamo di ottenere il riconoscimento di una procedura da applicare in tutte le scuole che permetta alle famiglie di essere sempre informate preventivamente sui contenuti di tali progetti e poter esprimere o meno il proprio consenso alla partecipazione dei figli, usufruendo anche di attività alternative. Sembrerebbe un diritto scontato, ma molto spesso non viene rispettato.
Ovviamente, nel rispetto dell’autonomia scolastica, chiediamo che possa essere formalizzata una prassi con un consenso da parte della famiglia, dato che questa ha il proprio peso sull’educazione degli studenti. Ci riferiamo a qui progetti scolastici che possono trattare temi sensibili di cui sarebbe più che legittimo avere il via libera anche dai genitori, o comunque, permettere ai genitori di conoscere esattamente che progetti seguano i propri figli a scuola”.
Quali sono i progetti scolastici che secondo voi dovrebbero avere il consenso dei genitori?
L’appello nasce dall’esperienza, o meglio, dalla segnalazione di alcuni progetti che hanno sollevato parecchie perplessità, anche fra i docenti. Specialmente per quanto riguarda i progetti di educazione sessuale, ci sono stati segnalati corsi con contenuti molto forti che sorpassavano l’intento scientifico-educativo, con il risultato di creare nei ragazzi un senso di confusione e smarrimento. Temi come la parità dei sessi, l’educazione di genere, ma anche la droga o lo yoga, ad esempio, possono sconvolgere l’impianto educativo che lo studente ha costruito in famiglia.
E cosa ci dice sulla teoria gender?
Si tratta di un classico caso di fraintendimento, che ha creato un fronte pro-gender e un altro contrapposto no-gender.
I genitori non hanno accusato tutti i progetti legati al tema, ma il fatto che in alcuni casi i contenuti del progetto veicolavano già un’interpretazione, per giunta estrema e decisa, esulando anche questa volta dall’obiettivo scientifico ed educativo del progetto.
Un percorso del genere deve sviluppare spirito critico e non divisione.
Come può fidarsi la scuola dei genitori, dato che in questo periodo storico abbondano gli episodi di violenza nei confronti di docenti sia dagli alunni che dalle loro famiglie?
“Il punto cruciale è quello dell’incontro di base tra genitori e insegnanti, forma concreta dell’incontro tra scuola e società.
Se questo incontro fallisce, la struttura non vive”, diceva Gianni Rodari.
Questo vuol dire che scuola e famiglia sono due polmoni che devono respirare insieme se vogliono far vivere l’individuo.
La relazione fra scuola e famiglia può portare solo vantaggi.
Al momento la scuola percepisce i genitori come distaccati e disinteressati dall’educazione dei figli, mentre i genitori, al contrario, vedono nella scuola come un sistema chiuso, un muro impenetrabile. Da un lato gli organi collegiali si lamentano della scarsa presenza di genitori agli incontri, ma dall’altro lato, le famiglie fanno notare che gli orari stabiliti per la partecipazione non sono consoni alla vita dei genitori lavoratori. In altri paesi i lavoratori hanno i permessi dedicati alle riunioni a scuola, in Italia non è così, e sono quindi pochi quelli che possono partecipare.
In definitiva, solo trovando un vero punto d’incontro fra scuola e famiglia, si potrà raggiungere realmente la Corresponsabilità educativa.