Fra poco riprende la scuola. Chiacchierata ieri con alcuni ragazzi, sulle loro speranze, attese, passioni.
Uno di loro prende coraggio e mi chiede: “Come faccio a riconoscere la mia passione?”
Ed io: che cosa ti porti dentro di continuo, che non ti lascia mai, con il tuo cuore e la tua testa che vanno sempre su quella stessa cosa?
“Si, c’è una cosa…”.
Quella potrebbe essere la tua passione, ma c’è una prova del nove alla quale devi sottoporti: riesci a dormire la notte?
“Si, solitamente dormo tranquillo”.
Allora, ribatto io, quella non è la tua passione. Una passione non ti dà pace, ti segue e ti insegue, non ti fa dormire, ti tiene sempre desto, vigile, concentrato. È quella che ti realizzerà, magari chiedendoti anche sacrifici, ma è quella che ti dirà chi sei veramente.
È il tuo talento originale, coltivalo, sapendo che il talento prende solo una piccola parte, perché poi sarà il duro lavoro, lo studio incessante, il sano sudore a metterlo a frutto.
Ricerca, dunque, dentro di te la parte migliore di te stesso, e tirala fuori. Su, con coraggio. La passione ti fa sognare, anche a lunga scadenza, ma non ti dà sicurezze immediate.
Ma tu devi crederci ed impegnarti sul serio. E poi vedrai che, nella vita, i treni si presenteranno, prima o poi. Bisogna però essere pronti, tenersi pronti.
La nostra vita è guidata da una sorta di istinto originario, quello che ci esprime dal profondo. La vita, in sostanza, non è altro che l’infinita coniugazione di quell’originario che ci è stato donato e che noi abbiamo la responsabilità di mettere a frutto nei mille modi che ci verranno offerti e che ci costruiremo giorno dopo giorno.
L’originalità ci è stato donato, ma spetta a noi metterlo a frutto.
La parabola dei talenti, alias la ricerca della felicità.