Cari Colleghi,
dopo quasi tre anni di No alla Buonascuola è giunto il momento di parlarci in modo chiaro e franco, senza infingimenti e calcoli.
È questo il momento. È questo perché ci troviamo di fronte ad un appuntamento decisivo, ad un bivio per la scuola di domani.
Davanti a noi tra qualche giorno non solo un appuntamento elettorale ma il punto di approdo e di sintesi di ciò che, prima come cittadini italiani e poi come docenti, abbiamo visto con i nostri occhi, vissuto sulla nostra pelle e testimoniato nella pratica quotidiana del nostro lavoro di educatori e lavoratori della “conoscenza”.
Indipendentemente dai nostri retroterra culturali, dalle regioni di appartenenza, dalla nostra stessa condizione di vita e addirittura dai nostri diversi orientamenti politici e partitici ci siamo tutti sentiti defraudati da una legge, la 107/2015, cinicamente chiamata della “Buonascuola”, che ha sostanzialmente tradito il senso costituzionale, e oserei dire etico, della scuola come strumento libero e democratico di trasmissione di valori eterni di umanità, di cittadinanza libera e responsabile e di saperi aperti e critici.
Tale legge ha sostanzialmente portato a compimento non solo pratiche efficientistiche e logiche anziendalistiche, ma un progetto che non vede più la scuola come il luogo della formazione dell’uomo e del cittadino, come il luogo della preparazione alla partecipazione libera e democratica nella società che verrà.
La scuola, infatti, nella organicità, nella logica e nello spirito della legge 107/15, diventa di fatto il luogo di preparazione di un cittadino fintamente tale; in realtà di un nuovo soggetto sociale passivo e di un consumatore perfettamente inserito nella società post capitalista o del capitalismo globale.
In diverso modo tutti noi abbiamo avvertito e sofferto, più o meno consapevolmente, di questo cambiamento e di questo tradimento; un cambiamento ancora più inaccettabile se si pensa che esso è stato proditoriamente portato avanti da quella parte culturale e politica a cui da sempre si erano affidate fiduciosamente le nostre speranze.
Renzi in qualche modo ha rappresentato lo spirito dei tempi in modo ovviamente negativo. Il “renzismo” è stato il superamento caricaturale del berlusconismo. Negli ultimi anni la scuola, anche più della sfera economica e politica, ha perso il suo “senso assiologico” di pilastro intangibile del corpo sociale, della identità italiana e del suo senso storico.
Oggi, a pochi giorni dal voto, non possiamo considerare l’appuntamento elettorale del 4 marzo come un ordinario rinnovo del Parlamento italiano. E ciò per i seguenti tre motivi.
Il primo è quello dell’attacco alle basi della nostra convivenza organizzata e alla Costituzione, come si è visto col referendum del 4 dicembre 2016, attacco per fortuna sventato.
Il secondo è quello della nuova legge elettorale, che lungi dal restituire senso e significato alla rappresentanza popolare, la deprime e la mortifica, essendo gran parte del Parlamento già predeterminato.
Il terzo è dato dal fatto che il prossimo voto arriva dopo una campagna denigratoria e violenta contro una delle parti politiche, il M5S, che, già “imbrogliata e imbrigliata” dal Rosatellum bis, ha buone possibilità di incidere propositivamente sul futuro dell’Italia.
Cari Colleghi, per molto tempo sulla rete ci siamo confrontati, anche aspramente, e abbiamo cercato in più modi di reagire a questo stato di cose, purtroppo però senza successo.
Tra le iniziative ricordo soprattutto lo sforzo profuso da alcune avanguardie di docenti sia nell’organizzazione del referendum contro certi punti critici della 107, sia nella elaborazione di una nuova Legge di Iniziativa Popolare (LIP). Tutto ciò però non è bastato.
Infatti, nei programmi come nella campagna elettorale ormai agli sgoccioli di scuola non si è parlato affatto. Per quel po’ che si è fatto lo si è fatto in modo marginale, addirittura in modo apertamente neoliberista, efficientista, aziendalista e globalista. Ciò avviene sempre per quella “conventio ad excludendum” contro il M5S su cui il centrodestra e il centrosinistra, Berlusconi e Renzi, convergono.
Invece, cari Colleghi, questa è l’ora di decidere e agire con coraggio, con spregiudicatezza, con senso unitario, non solo di docenti ma di avanguardia sociale del nostro Paese.
Noi docenti, insieme a gran parte dei nostri studenti e delle loro famiglie, non possiamo permettere che ancora per anni un Parlamento di “già nominati” oltraggi ancor più la nostra categoria e soprattutto porti alla rovina interna ed internazionale il nostro Paese.
Per questo faccio un appello a tutti a ricordarsi questi ultimi giorni di lavorare nella direzione di non temere e anzi di favorire una vittoria di chi ha contrastato la Buonascuola e che fa della formazione un asse portante del futuro del Paese.
Tali forze, oltre che essere state – seppure fortemente ostacolate – in prima linea negli ultimi anni contro la Buonascuola, nei loro programmi accolgono e promuovono gran parte delle aspettative tradite e gran parte delle esigenze di una scuola nuova e all’avanguardia; dai maggiori finanziamenti alle scuole pubbliche alla esclusione degli stessi alle private; dal superamento della legge 107 alla rivalutazione della collegialità nei processi decisionali; dalla drastica riduzione dei poteri dirigenziali al ripristino di criteri oggettivi nell’assunzione e gestione del personale; da una riqualificazione delle conoscenze, delle didattiche e degli approcci educativi ad una rivalutazione dei saperi anche nei nuovi contesti europei e globali.
Insomma, c’è da ben sperare. C’è da ben sperare se saremo oggi coraggiosi di nuove scelte e domani vigili e responsabili nel rivendicare il cambiamento.
Vi ringrazio tutti per aver letto la presente, che è per me l’unico modo per significarvi e testimoniare quanto insieme a voi, ma anche nella mia scuola, ho cercato di fare, come peraltro sono sicuro, anche voi avete fatto.
Vi chiedo, infine, come ultimo sforzo di condividere, magari con aggiunte e postille, questo scritto e di farlo arrivare il più lontano e in alto possibile.
Lì dove i nostri cuori vogliono salire.
Lì dove potrà finalmente “inverarsi” il nostro progetto di una scuola e un’Italia migliore.
Gaetano Bucci
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