Su Il Sole 24 Ore c’è spazio per un’interessante sentenza in ambito scolastico. Si pone l’accento sul consiglio di classe che, giova ricordarlo, è un organo collegiale che deve necessariamente deliberare all’unanimità e con la necessaria presenza di tutti i suoi componenti.
C’è, però, un caso eccezionale di astensione per la decisione sul voto in condotta, nell’ipotesi in cui vi sia un procedimento penale o disciplinare a carico di uno dei membri del consiglio stesso, che abbia tratto origine da un episodio che ha messo in contrasto il docente e un alunno della classe.
Questo è quanto si desume dalla sentenza n.17913/2018 della Corte di Cassazione.
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Tutto è nato da un procedimento penale svolto all’interno di una classe di un liceo artistico e ha visto come protagonista un professore di disegno.
Il docente aveva avuto atteggiamenti molesti nei confronti delle ragazze della sua classe con un episodio molto increscioso accaduto nei mesi scorsi.
Il docente aveva denunciato e a suo carico veniva aperto un procedimento disciplinare. Il docente, nonché coordinatore della classe, proponeva il 6 in condotta nei confronti della stessa ragazza che gli aveva dato del pervertito, mentre all’esito della discussione alla studentessa era data la votazione di 7.
Il docente, nonostante l’apertura dei procedimenti penale e disciplinare a suo carico, aveva agito in tal modo nei confronti della studentessa con chiari intenti punitivi.
Per i giudici della Corte di Cassazione, nel particolare caso di specie, era palese il dovere di astensione da parte del professore: “egli non era semplicemente il membro di un organo collegiale perfetto, tale da poter assumere atti formali alla necessaria presenza di tutti i suoi componenti, ma anche un membro che sapeva di essere sottoposto a procedimenti disciplinari”.
Pertanto, il docente avrebbe dovuto astenersi e ciò “non già perché, quale protagonista di un episodio suscettibile di valutazione nei riguardi di una studentessa, egli non potesse dire la propria”, ma perché il suo obiettivo era quello di “strumentalizzare l’operato del consiglio, al fine di ottenere un deliberato utile alle sue ragioni”.
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