Attualità

Consumatore responsabile e produttore responsabile: chi sono e come agiscono?

Quali sono le facce del lavoro agricolo che anche i ragazzi e le ragazze di scuola dovrebbero conoscere, nell’ambito delle questioni legate allo sviluppo sostenibile, alla politica agricola comune (Pac), alla nuova etica della produzione e del consumo?

Il tema è legato ai protagonisti del settore: coloro che fanno impresa in qualità di lavoratori autonomi, coloro che svolgono lavoro dipendente, e i consumatori, che stanno dall’altra parte della filiera produttiva. In particolare è giusto chiarire che la figura del produttore e quella del consumatore, hanno entrambe precise responsabilità nei confronti dei lavoratori, direttamente o indirettamente.

Il consumatore responsabile

Chi è il consumatore responsabile? E quali azioni mette in campo? A rispondere, è Angelo Frascarelli, presidente di Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), durante un convegno dedicato proprio al tema del lavoro in agricoltura e della responsabilità per il consumatore: “I consumatori vanno informati su come si è formato il prezzo, su quanto ha preso l’agricoltore, su quanto è stato remunerato il lavoratore, si tratta di trasparenza”.

Ma cosa dovrebbe fare un consumatore per definirsi responsabile? Punire, al momento dell’acquisto, chi non rispetta i diritti dei lavoratori. Se ne parla su Azzurro, verde e marrone, il podcast del progetto ParteciPac che vuole avvicinare i più giovani alla politica agricola comune.

Ascolta “Diritti dei lavoratori, la parola alla PAC – puntata 9” su Spreaker.

Il produttore responsabile

Il punto è che con l’approvazione di una nuova Pac, applicata già dal 2023 in Italia, è stato approvato il principio della condizionalità sociale, il concetto per il quale determinati benefici e finanziamenti vanno legati o meglio “condizionati” al rispetto di precise regole. Un’idea talmente importante da essere definita il terzo pilastro Pac. In altre parole, gli agricoltori che non rispettano i diritti dei lavoratori rischiano di perdere i contributi della Politica Agricola Comune. È come dire: i soldi della PAC solo se ti comporti correttamente con la tua forza lavoro. Il podcast cerca di chiarire quale sia la condizione dei lavoratori in agricoltura in Italia e cosa sia, appunto, la Condizionalità Sociale.

Il caporalato

Legato alla questione della condizionalità sociale è il fenomeno del caporalato, che la legge 119/2016 tenta di arginare. Ma qual è la situazione dei lavoratori nell’agricoltura? Lo racconta Carmela Macrì, che ha curato per il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) l’indagine intitolata L’impegno dei lavoratori stranieri in Italia. Come vengono raccolti i dati? Attraverso le interviste qualitative e tramite i dati ufficiali, come quelli dell’Istat e dell’Inps. Qual è la situazione nel mondo agricolo? “La percentuale di persone impiegate nell’agricoltura è molto bassa, ormai da anni al di sotto del 4% nel nostro Paese – spiega Carmela Macrì -. C’è molto lavoro stagionale, che è l’elemento di fragilità di questo comparto. I lavoratori sono costretti a reinventarsi durante l’anno. Registriamo una riduzione dei lavoratori indipendenti italiani e un aumento dei lavoratori dipendenti stranieri. Il lavoro autonomo non cresce”.

“Ma ci sono anche tendenze positive – sottolinea – come l’introduzione di norme volte a stabilizzare certe posizioni”.

Il caporalato? “L’Istat stima un 24% di tasso di irregolarità nel lavoro agricolo. Ma una parte di questo lavoro non è puro lavoro irregolare, ma potremmo definirlo lavoro informale, come il lavoro prestato a livello familiare. Poi ci sono ragioni di burocrazia o ragioni di bassi margini a spingere all’irregolarità, ma in ogni caso negli ultimi anni c’è stato uno sforzo della politica, degli imprenditori, anche delle ispezioni. Insomma, è stato avviato un processo di regolarizzazione. Il caporalato è un fenomeno grave ma non preponderante nel mondo agricolo”.

Il processo di aggregazione delle aziende

Dal punto di vista delle aziende, avere atteggiamenti di responsabilità e di spessore etico sul fronte delle garanzie dei lavoratori e dei dipendenti può significare un aumento dei costi. Come farvi fronte?

Se ne discute in un ulteriore appuntamento con Azzurro, verde e marrone, il podcast del progetto ParteciPac. L’appuntamento giornalistico riguarda l’unione di intenti delle aziende agricole, il processo di aggregazione: quando le aziende sono molto piccole aggregarsi significa essere più forti, più innovative e potere parlare da pari a pari con i supermercati. Come fare in modo che le aziende contino di più in filiera e nel mercato? Mettendo in moto quelle forme organizzative che riescono a rafforzare il potere contrattuale nel rapporto di filiera.

Ascolta “Non dirmi che balli ancora da solo! – puntata 10” su Spreaker.

Tra le principali forme organizzative delle aziende, vi sono le Op (organizzazioni di produttori) e le Aop (Associazioni di Op). “Si tratta di associazioni legate alla produzione primaria di un determinato prodotto in un determinato contesto territoriale. L’obiettivo è concentrare l’offerta e individuare regole di immissione dei prodotti sul mercato comuni, così da introdurre, in ultima analisi, meccanismi che consentano di stabilizzare i prezzi per il produttore agricolo”. Così Alessandro Pacciani, presidente del centro studi Gaia dell’Accademia dei Georgofili, ed economista. La formula cooperativa ha rappresentato una formula vincente negli anni.

Questo articolo è stato realizzato nell’ambito del progetto ParteciPAC (www.partecipac.eu), finanziato dal programma IMCAP dell’Unione europea. Le opinioni espresse nel presente articolo sono quelle dell’autore che ne assume la responsabilità esclusiva. La Commissione non è responsabile dell’eventuale uso delle informazioni in esso contenute.
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