Categorie: Politica scolastica

Contenzioso disciplinare: Aran propone di applicare il decreto Brunetta

Secondo una nota Ansa diramata nella serata del 4 settembre i contratti nazionali del pubblico impiego potrebbero contenere una novità importante relativa alla materia disciplinare.

L’Aran avrebbe già predisposto una proposta da sottoporre alle organizzazioni sindacali per introdurre nel procedimento disciplinare una “clausola anti-ricorsi”: in pratica verrebbe data la possibilità all’amministrazione (o anche al dipendente stesso) di conciliare e di concordare la sanzione  da applicare.
In tale caso, però, il provvedimento finale non sarebbe più impugnabile dalle parti.
La procedura di conciliazione dovrebbe anche avere tempi certi e definiti (30 giorni) e, soprattutto, sarebbe del tutto facoltativa e non potrebbe in ogni caso riguardare la sanzione del licenziamento.
Questo signfica che l’Amministrazione può decidere di avviare o meno la procedura di conciliazione e, nel caso in cui, la richiesta provenga dal dipendente può decidere se accettarla o rifiutarla.

 

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In realtà questo modello è espressamente previsto dall’articolo 68 del decreto 150/2009 (il c.d. “decreto Brunetta”) che aveva riscritto l’articolo 55 del TU 165 del 2001.
Fin dal 2009, quindi, la norma prevede che “la contrattazione collettiva non può istituire procedure di impugnazione dei provvedimenti disciplinari. Resta salva la facoltà di disciplinare mediante i contratti collettivi procedure di conciliazione non obbligatoria”; norma che non ha finora trovato applicazione perchè dopo quella data non ci sono stati rinnovi dei contratti.
La proposta potrebbe certamente servire a tenere sotto controllo l’ampio contenzioso che in questi anni si è sviluppato anche nel comparto scuola e potrebbe consentire al personale docente e Ata di evitare di accollarsi gli oneri economici del ricorso al giudice del lavoro.
Ma non va sottovalutato il valore simbolico di un accordo basato proprio sulla disposizione di una legge (il “decreto Brunetta” appunto) che viene considerata dai sindacati il “peccato originale” da cancellare dalle norme che regolano il pubblico impiego.

 

Reginaldo Palermo

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