Durante l’inaugurazione dell’anno scolastico presso l’istituto “Enrico Mattei” di Gela, il sottosegretario all’istruzione Davide Faraone ha definito “insufficienti” gli insegnanti di sostegno in servizio in Italia e ha accennato a nuovi percorsi di formazione, più specifica e distinta da quella curricolare, per i futuri docenti.
Ma ciò non basta, come non basta una riforma che, vada nella direzione di una ‘responsabilità trasversale’ assegnata a tutti i docenti curricolari; il Miur dovrebbe innanzitutto trovare delle soluzioni per la stabilizzazione delle risorse esistenti: le migliaia di docenti specializzati della seconda fascia delle graduatorie di istituto – docenti pluriabilitati, formati dalle università (previo superamento di una severa selezione) attraverso la frequenza obbligatoria a corsi dispendiosi in termini sia di denaro che di energie –, docenti che vivono oggi una situazione di disagio e di incertezza per la loro condizione di precariato e di assoluta invisibilità.
In un articolo del 24 ottobre scorso (Sostegno, un altro anno nero: cattedre coperte dai non specializzati. Mentre in molte zone gli abilitati sono disoccupati), ‘Il Fatto Quotidiano’ ha evidenziato in modo drammatico l’emergenza che ha interessato tanto gli alunni con disabilità quanto gli stessi docenti specializzati delle graduatorie di istituto: assegnazioni provvisorie di posti di sostegno in deroga a docenti di ruolo privi del prescritto titolo in regioni come la Sicilia, docenti specializzati ancora disoccupati in diverse province meridionali, docenti destinatari di proposte di supplenza solo fino all’avente diritto, cattedre messe a concorso incredibilmente sparite.
Il quadro è reso ancora più fosco dal divieto, introdotto dalla legge 107/15 (art. 1, comma 131), di conferire nuovi incarichi a chi abbia già effettuato supplenze per un periodo pari a 36 mesi, anche in maniera non continuativa, con decorrenza dal mese di settembre dell’anno scolastico in corso. Tale norma discende da un’analoga sentenza europea, la quale mira invece a garantire la stabilizzazione dei lavoratori che abbiano sottoscritto contratti a termine fino al raggiungimento dei suddetti 36 mesi.
Nel frattempo, sembra non esserci più traccia dei cinquemila posti di sostegno – quanto meno non se ne conosce l’esatta entità – che la legge di stabilità avrebbe dovuto trasferire dall’organico di fatto all’organico di diritto, garantendo così l’assunzione di altrettanti professionisti dell’inclusione: all’orizzonte, in definitiva, si intravedono riforme, ma nessuna possibilità concreta di stabilizzazione dei docenti, con tutte le conseguenze che ne derivano in fatto di continuità didattica, particolarmente raccomandata proprio per gli allievi con bisogni educativi speciali e con diverse tipologie di disabilità (si pensi, ad esempio, agli alunni affetti da sindrome dello spettro autistico).
Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, ospite, il 6 novembre, della trasmissione ‘Faccia a faccia’ condotta da Giovanni Minoli, ha ammesso che il suo “più grande errore è stata la questione scuola”, questione mal gestita, nonostante l’entità degli investimenti. Almeno sul fronte del sostegno, è ancora possibile rimediare ai danni, avviando un piano straordinario di assunzioni dei docenti già selezionati sulla base del fabbisogno nazionale, per evitare il rischio di una ‘supplentite’ a tempo indeterminato.
I docenti specializzati della seconda fascia delle graduatorie di istituto auspicano che il Miur apra a un confronto costruttivo con coloro che operano concretamente nel campo dell’inclusione scolastica e che oggi appaiono seriamente preoccupati per un futuro che si prospetta sempre più incerto. Sostengono, in particolare, la proposta avanzata dal loro portavoce, Ernesto Ciraci: quella di bandire un concorso per soli titoli e servizio, visti anche gli esiti catastrofici del recente concorso sostegno (bocciature selvagge, sparizione dei posti messi a bando, elevato numero di specializzandi che non hanno avuto la possibilità di partecipare). Di titoli, tali docenti ritengono di averne fin troppi: laurea, almeno un’abilitazione, una o più specializzazioni sul sostegno, oltre, naturalmente, al pluriennale lavoro sul campo.