Attualità

Continua la polemica sui “mezzi voti” e sul “7 +”, ma forse il problema è molto più complesso

Le parole del presidente ANP Antonello Giannelli sulla inopportunità di usare i “mezzi voti” nelle valutazioni fanno discutere i nostri lettori.
In poche ore l’articolo pubblicato nel nostro portale ha raccolto poco meno di 400 commenti, gran parte dei quali – per la verità – a difesa della pratica del “mezzo voto”.
In molti, anzi, si spingono oltre e rimpiangono i bei tempi in cui si usavano anche il “meno meno” o il “più più”.

I dirigenti scolastici non interferiscano

Ma ci sono anche considerazioni sul metodo: molti docenti sostengono, per esempio, che la pratica della valutazione rientra nella libertà delle scelte pedagogiche e didattiche dell’insegnante sulla quale nessuno, e men che meno il dirigente scolastico, può intervenire: osservazione assolutamente sacrosanta che deve però fare i conti con la “dimensione collegiale” della professione docente.
Senza dimenticare poi il dettato legislativo.
Parlando della libertà di insegnamento l’articolo 1 del Testo unico sull’istruzione (decreto l.vo 297/94) recita infatti: “L’esercizio di tale libertà è diretto a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni”.
In altre parole: la libertà di insegnamento dovrebbe essere finalizzata non solo a “garantire” in qualche modo l’autonomia professionale dei docenti ma anche (o forse soprattutto) la  formazione degli studenti.

Considerazioni non sempre documentate e motivate

E’ interessante poi osservare che non ci sono commenti che facciano riferimento ai risultati della ricerca pedagogica e valutativa, come se per rispondere alla domanda “ma i mezzi voti servono a qualcosa?” non sia necessario disporre di qualche conoscenza specifica.
Abbondano insomma considerazioni “ad effetto” anche se poco documentate; vale la pena, in proposito, citare coloro che affermano che i mezzi voti consentono una fotografia della realtà più accurata, capace di cogliere maggiormente le sfumature e di esprimere meglio i progressi dello studente.
“Abolire i mezzi voti – sostengono alcuni – sarebbe come disegnare un bel paesaggio con un solo colore nella tavolozza”.
Ma – come sottolinea il pedagogista Cristiano Corsini in un commento sulla sua pagina Facebook – “quando si parla di valutazione, ricorrere a metafore come quella della fotografia o del termometro rischia di farci andare fuori strada”.
Perché, aggiunge ancora Corsini, se davvero si vuole descrivere i progressi dello studente o meglio ancora sostenerlo nel suo percorso, è molto meglio usare descrittori validi e affidabili piuttosto che numeri con o senza decimali.
“Per il resto – conclude ironicamente Corsini – una scala con dieci voti fa più o meno la metà dei danni di una con venti”.

Reginaldo Palermo

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