Contraccezione, anche in Italia sms preventivi per under 20?
La contraccezione di emergenza, la “pillola del giorno dopo”, cui ricorrono sempre più ragazze italiane con meno di 20 anni può essere contrastata anche con le nuove tecnologie: ben vengano, quindi, eventuali iniziative come l’invio degli sms per educare alla prevenzione. A sostenerlo è stato il 30 marzo la Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo), che attraverso il suo Presidente, Giorgio Vittori, ha giudicato “ottima l’idea di utilizzare gli sms” in campo contraccettivo, “ma per educare alla prevenzione, non per chiedere la contraccezione di emergenza”.
Vittori interviene così in merito alla vicenda della sperimentazione in atto in alcune scuole inglesi rivolta a fornire pillole del giorno dopo a ragazzine di 11 anni, previa richiesta con un messaggino al cellulare. Per l’esperto di ginecologia il ricorso a metodi contraccettivi errati avrebbe raggiunto livelli tali da mettere in crisi famiglia, scuola e istituzioni: per questo il ricorso alle nuove tecnologie sarebbe bene accolto.
“Il nostro Paese – ha detto il Presidente Sigo – è certamente diverso per cultura e tradizioni dal Regno Unito, dove è in corso un vero e proprio boom di gravidanze nelle minorenni: ma non possiamo ignorare il campanello d’allarme di oltre 50mila confezioni di ‘pillole del giorno dopo’ in più vendute nell’ultimo anno, più di 370mila in totale, il 55% delle quali utilizzate da ragazze con meno di 20 anni”. “Guardiamo al caso inglese non per giudicare – ha continuato Vittori – ma per riflettere su uno scenario che si potrebbe presentare a breve anche in Italia. La contraccezione di emergenza è indubbiamente espressione di un disagio, a carico soprattutto delle fasce più vulnerabili della popolazione. Il segnale di una mancata strategia preventiva di informazione ed educazione”. Partendo da questo assunto, la Sigo ha di recente attivato il progetto “Scegli Tu” dedicato espressamente alla sessualità consapevole. “Siamo fermamente convinti – ha detto sempre Vittori – che vada studiata una via made in Italy per diffondere questo messaggio con canali, linguaggi e partner adeguati alla nostra realtà: in primo luogo famiglia, scuola e istituzioni. L’esempio di quanto avviene in Paesi vicini a noi dovrebbe spronare non solo noi professionisti ma anche il Governo, a mettere in atto per tempo percorsi di tutela nei confronti dei nostri giovani”. L’invito è chiaro. Che venga accolto è tutto da verificare.