Non sembrerebbe ancora chiusa la partita sui cosiddetti contratti di “disponibilità”, di cui beneficerebbero i circa 16.000 lavoratori precari della scuola che a seguito dei tagli agli organici nel prossimo anno scolastico rimarranno senza lavoro dopo aver sottoscritto nel 2008/09 un contratto annuale. A tenere la speranza ancora accesa è lo stesso ministero dell’Istruzione, il quale dopo aver incassato il diniego dal dicastero dell’Economia ha continuato a verificare la fattibilità del piano sondando il campo con gli altri “attori” istituzionali interessati: innanzi tutto con l’Inps, che avrebbe già messo da parte la quota necessaria a sovvenzionare il personale, ma soprattutto con le Regioni. Sarebbero queste ultime, infatti, a non dare ancora le necessarie garanzie per l’attuazione dell’innovativo “paracadute” salva-precari. Sono solo cinque su ventuno quelle che sinora si sono dimostrate sensibili (anche economicamente) a supportare il piano attraverso progetti alternativi all’insegnamento su cui verrebbero impegnati docenti e Ata inoccupati: si tratta della Lombardia, delle Marche, della Campania, della Sardegna e della Puglia. Buone possibilità vi sarebbero anche per Sicilia e Veneto. Ma per il resto, i due terzi rimanenti, sinora la proposta non ha destato particolare interesse. Solo che nei mesi scorsi a muoversi, per sondare il campo interpellando governatori e prefetti, erano stati i sindacati; mentre stavolta a scendere in campo sarà direttamente il Miur.
“Per vedere il progetto andare in porto – sottolinea Massimo Di Menna, leader della Uil Scuola, uno dei sindacati più attivi per l’attivazione di questo tipo di contratti sinora mai applicati al mondo della scuola – è bene che ogni provincia quantifichi quanti precari rimarranno senza lavoro. E questo si potrà fare entro breve, perché le quote precise si sapranno nei prossimi giorni, a seguito della definizione delle assegnazioni per le assunzioni in ruolo. Sarà poi importante che tutti i precari esclusi non certo per colpa loro dal circuito delle supplenze annuali possano avere una sorta di precedenza nelle convocazioni d’istituto”.
Contestualmente il Miur cercherà di chiudere anche la convenzione con l’Inps: la novità, rispetto agli altri anni, è che l’Istituto di previdenza erogherà la quota spettante ai disoccupati ogni fine mese, come se si trattasse di uno stipendio. Se le Regioni faranno la loro parte si sforerà sicuramente la metà dell’importo percepito lavorando con un contratto normale; mentre se si asterranno l’ammortizzatore si attesterà alla quota percepita normalmente attraverso l’indennità di disoccupazione (circa il 40-50% dello stipendio). Qualora, invece, il lavoratore accettasse una supplenza, automaticamente il contratto di “disponibilità” verrebbe meno.
Questo per quanto riguarda la parte economica. Per quella relativa al punteggio, che si vorrebbe assicurato al lavoratore penalizzato dai tagli, sarà necessario che il responsabile del Miur si adoperi per farlo inserire la norma nella versione definitiva del decreto salva-crisi. E trattandosi di un provvedimento senza riflessi finanziari è probabile che ciò avvenga.
Se le cose andranno nel giusto verso, ormai siamo alla “stretta” finale, il ministro Gelmini potrebbe annunciarlo ai sindacati già martedì 4 agosto. In caso contrario si annuncia l’ennesima bufera con i precari della scuola protagonisti loro malgrado.