Sui contratti pubblici il DEF (documento di economia e finanza) propone una mezza apertura.
“Dopo 6 anni di blocchi resi necessari dalla drammaticità della crisi – si legge infatti nella premessa del documento – si procederà al rinnovo dei contratti nel pubblico impiego con l’obiettivo di valorizzare il merito e favorire l’innalzamento della produttività, in modo da contribuire all’aumento dell’efficienza della pubblica amministrazione”.
Ma se poi si vanno a scorrere i dati si scopre che lo stanziamento che si prevede di inserire nella prossima legge di stabilità è di 800 milioni di euro: molti di più dei 300 di cui si è parlato finora, ma infinitamente meno di quelli richiesti dai sindacati (si va da un minimo di 4 miliardi proposti dai più “moderati” per arrivare agli 8-10 indicati da coloro che basano i calcoli mettendo nel conto la perdita del potere di acquisto subita dagli stipendi pubblici nell’ultimo decennio).
Secondo la Flc-Cgil nel DEF si consuma “l’ennesima presa in giro di questo governo che non garantisce ai lavoratori e alle lavoratrici del Pubblico impiego, e in particolare a quelli del comparto della conoscenza migliori condizioni salariali e valorizzazione delle professionalità”.
Ma il confronto sul prossimo contratto non riguarda solo le risorse economiche: i sindacati del comparto stanno chiedendo anche il superamento delle norme contenute nella legge Brunetta (legge 15/09 e relativo decreto 150), norme che peraltro le forze del centro sinistra si erano impegnate ad abrogare nel corso della campagna elettorale del 2013.
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