Dopo sette anni di stipendi congelati, sembrerebbe imminente l’avvio della nuova stagione contrattuale. Ma non è proprio così.
L’Aran, che cura gli interessi nei tavoli negoziali, ha convocato per il 13 luglio i sindacati per la firma dell’accordo sui comparti. L’accordo già c’è: la parte pubblica chiedeva il passaggio da 11 a 3 comparti, si chiuderà a quattro: funzioni centrali, conoscenza, sanità ed enti locali. Con quello della Scuola – che si unirà ad Afam, Università e Ricerca – che sta creando un po’ di problemi. Per continuare ad essere rappresentative (5% in due settori) le sigle sindacali si stanno organizzato e la Uil ha già avviato la fusione in un’unica federazione di due categorie distaccate.
Subito dopo aver “sistemato” i settori, si passerà ai rinnovi dei contratti. “Una mappa semplificata – dice l’Ansa – in attuazione di quanto previsto dalla legge Brunetta, ma che crea qualche complicazione tra le organizzazioni dei lavoratori più piccole o per le sigle con deficit di rappresentatività in determinare aree. Al fine di evitare la loro scomparsa lo stesso accordo dà un mese di tempo per stringere alleanze, un salvagente per continuare ad esserci anche se delle ‘poltrone’ salteranno. Comunque il ‘diritto di tribuna’ nelle trattative per la nuova tornata contrattuale sarà riconosciuto a tutti e tutti saranno anche invitati, a stretto giro, dalla ministra della P.a, Marianna Madia, per un confronto a 360 gradi”.
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Anche questo incontro si terrà nel mese di luglio: “oltre che di incrementi contrattuali si parlerà anche di regole, in vista del Testo unico sul pubblico impiego. Una nuova cornice normativa su cui il governo è già a lavoro ma per presentarla c’è ancora tempo (fino a febbraio). A breve invece la ministra metterà a punto l’atto di indirizzo, rivolto all’Aran, in cui saranno indicate le direttrici da seguire per i rinnovi: premiare chi ha meno in busta paga e quanti lo meritano. Sul primo punto Madia ha chiarito che non ci saranno soglie nette, possibile quindi che si opti per un meccanismo di distribuzione graduale delle risorse, con un decalage al salire dello stipendio”.
“Si tratta di un sistema completamente diverso da quello finora seguito, per cui gli aumenti avvenivano in base a una stessa percentuale per tutti e finiva per prendere somme maggiori chi guadagnava di più. Quanto al merito, la materia è spinosa: i sindacati rigettano la divisione in fasce della legge Brunetta, perché penalizzerebbe un quarto dei dipendenti. Per il governo ci sono rigidità da superare ma la differenziazione deve restare”.
Su tutto resta il nodo delle risorse, ad oggi sono stati stanziati 300mila euro per il triennio 2016-2018, che però porterebbero circa 7 euro lordi a lavoratore in media. La cifra potrebbe però aumentare con la legge di Stabilità di fine 2016.
Secondo Anief-Cisal si continua ad evadere il discorso sul fatto che le buste paga dei dipendenti pubblici, ferme dal 2009, hanno raggiunto il punto più basso mai registrato in 34 anni di serie storiche, dal 1982, come anche di recente certificato dalla Corte dei Conti per il periodo 2008-2014. Come si fa a sedersi al tavolo se la parte pubblica rimane ferma a meno di 10 lordi di incremento stipendiale e senza sanare i mancati adeguamenti degli anni passati?
Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario confederale Cisal, spiega: non reputiamo importante il numero dei nuovi ‘compartoni’, ma che la loro formazione garantisca comunque in toto i diritti dei lavoratori. Ad iniziare da una celere certificazione delle ultime elezioni Rsu, svolte nella Pubblica Amministrazione nel marzo del 2015: è importante realizzare una fotografia immediata della rappresentanza, in ogni settore dalla PA, in modo da rispettare il rinnovo triennale del 2018.
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