L’idea di utilizzare il fondo della Carta del docente (381 milioni) e del bonus premiale (200 milioni) per incrementare le risorse contrattuali è certamente interessante, prova ne sia che sull’argomento si sta già sviluppando un ampio dibattito in rete.
La questione dovrà però essere approfondita parecchio perchè le implicazioni sono molteplici e tutte complesse e delicate.
Un primo problema è questo: questi 581 milioni dovranno servire per aumentare gli stipendi di tutti o solo quelli dei docenti?
La logica dice che dovrebbe valere la seconda soluzione, dal momento che si tratta di soldi che verrebbero sottratti ai docenti.
Ma questo vorrebbe dire far aumentare ancora la “forbice” fra gli stipendi degli insegnanti e quelli del personale ATA e non è detto che questa soluzione trovi concordi tutti i sindacati in particolare quelli che, come ad esempio la Uil, hanno fra i propri iscritti un buon numero di non docenti.
Se invece i 581 milioni di euro venissero utilizzati per tutto il personale, molti docenti potrebbero non essere molto d’accordo su una operazione che corrisponderebbe di fatto a incrementare gli stipendi degli Ata con risorse che finora sono state utilizzate per i gli insegnanti.
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Ma potrebbe esserci una terza via: utilizzare i 581 milioni per il solo personale docente e distribuire i fondi che già ci sono in modo da garantire aumenti più alti per il personale Ata e più bassi per i docenti. Anche in questo caso, evidentemente, i soldi della Carta e del bonus premiale verrebbero di fatto utilizzati per gli stipendi degli Ata, ma l’operazione sarebbe meno evidente e potrebbe passare inosservata o quasi.
Continua ovviamente a rimanere impregiudicata la questione del cosiddetto “bonus Renzi” che oggi riguarda una parte del personale della scuola (in particolare i docenti con minore anzianità) e che – a seguito degli aumenti contrattuali – potrebbe perdere il benificio degli 80 euro.
Insomma, la partita contrattuale si preannuncia complicatissima e non sarà per niente facile chiuderla in tempi rapidi.
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