Alla fine di una settimana che ha visto chiudersi, firma di tutti i sindacati, l’ultimo contratto dell’Area Istruzione e ricerca relativo al triennio 2019-2021, i dirigenti scolastici fuori regione tirano le somme. Dopo anni di legittime rivendicazioni e azioni di protesta che hanno portato a una progressiva coscienza e presa in carico del problema da parte della Politica, dopo le importanti aperture legislative che tracciavano la strada verso un reale aumento della percentuale di mobilità, riconoscimento del 60% prima e del 100% poi, si ritrovano con un niente di fatto.
Analizzando il punto si evidenzia che la modifica contrattualmente apportata innalza dal 30% al 60% la percentuale dei posti messi a disposizione della mobilità interregionale e, ancora di più, la precedente previsione del fino al 30% dei posti vacanti, diventa fino alla concorrenza del 60% dei posti vacanti e disponibili. Se la lettura dell’art. 39, Modifiche di discipline precedenti, si fermasse qui potremmo parlare di un risultato migliorativo sebbene al di sotto delle attese, ma, si legge poco dopo, tutto ciò fatti salvi i contingenti dei posti regionali messi a concorso.
La percentuale dei posti assegnata ai concorsi regionali, si omette di riportare nel testo dell’articolo, è il 60%. Quindi un 60% alla mobilità ma anche un 60% ai concorsi regionali, errore, creativa interpretazione matematica o grossolano tentativo di mistificare la realtà? Facciamo uno schemino: su 100 posti disponibili si procede alla prima tutela, quella del fatti salvi i contingenti del prossimo concorso regionale, ergo 60 posti ai concorsi. Rimangono 40 posti che se, ipotesi migliore, destinati interamente alla mobilità porterebbero la percentuale reale al 40% e non al 60% mentre se, ipotesi peggiore, il 60% dovesse essere calcolato sulla percentuale residua del 40% i posti della mobilità scenderebbero a 24. Il cerchio si chiude e siamo ritornati al di sotto del 30%.
Certo, diranno gli ottimisti sottoscrittori, i posti accantonati per i concorsi regionali sono in numero stabilito e fisso quindi qualsiasi oscillazione in aumento di posti andrebbe a favore della mobilità. Posti in più, in pieno dimensionamento e contrazione dell’organico dei dirigenti scolastici? Ogni speranza che supera il limite della ragionevolezza, rispondono gli interessati, diventa ridicola se non patetica e la dignità impone che se ne faccia a meno.
Affrontando la situazione peggiore dal 2019 ad oggi, i ds fuori regione chiedono rispetto, che le parole spieghino i fatti senza piegarli a interpretazioni di comodo, si dica la verità: alla mobilità dei dirigenti scolastici fuori regione andranno gli avanzi dei posti dopo l’accantonamento per i futuri dirigenti scolastici del concorso regionale ai quali sono stati concessi il diritto di scelta della regione in cui svolgere il concorso e lavorare e il diritto di avere posti accantonati nelle regioni che non hanno posti. Concorsi in regioni come la Campania in cui non si è ancora esaurita la graduatoria del 2011. Con rammarico si prende atto del mancato riconoscimento da parte delle Istituzioni dell’impegno e del lavoro svolto al servizio dello Stato, degli anni di dirigenza, anche in Pandemia, del fatto che le aspirazioni di rientro nelle proprie regioni dei dirigenti del concorso nazionale 2017 valgono di meno della compilazione di una domanda di partecipazione al concorso regionale 2023.
Questa grave sottovalutazione rafforza l’impegno per una battaglia etica che ristabilisca lealtà verso i dirigenti fuori regione e riconoscimento dei diritti ad oggi negati; dopo il ricorso contro il decreto di individuazione dei posti per i concorsi regionali, le raccolte di firme per lo stato di agitazione e la petizione online i ds fuori regione presentano una propria lista per le elezioni del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, l’obiettivo è raccogliere consenso verso una condizione lavorativa che non può essere ignorata.
Comitato Dirigenti scolastici fuori regione
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