Rinnovare i contratti e cambiare la riforma: sono i motivi che sabato 24 ottobre porteranno in piazza Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda.
Il fine della protesta, hanno scritto i cinque sindacati, è “lanciare unitariamente al governo un messaggio molto chiaro: dare più valore al lavoro della scuola è un`assoluta priorità, non siamo disponibili a subire passivamente un modello di scuola e di organizzazione del lavoro che mette in discussione valori e principi costituzionali”.
Sono cinque le principali richieste dei sindacati: “è prioritario ripartire dalle professionalità di chi lavora nella scuola per risolvere le tante criticità che la legge 107 e quella di Stabilità per il 2015 hanno già creato e possono creare. Di quelle leggi puntiamo a ottenere le modifiche necessarie per evitare che producano i loro effetti più deleteri; vogliamo difendere e valorizzare gli spazi della contrattazione e della collegialità, garantendo partecipazione e libertà”.
Confederali, Snals e Gilda chiedono poi “la stabilizzazione dei precari docenti e ATA, ingiustamente esclusi dal piano delle immissioni in ruolo, per dare certezza e continuità al lavoro anche alla luce della sentenza della Corte di Giustizia Europea; chiediamo il rinnovo del contratto nazionale, riconosciuto come diritto di tutti i lavoratori pubblici dalla Corte Costituzionale; giudichiamo inaccettabile la decisione del Governo di stanziare solo 200 milioni, nella legge di Stabilità 2016, per il rinnovo dei contratti pubblici. I lavoratori della scuola vivono una gravissima emergenza retributiva e non meritano di essere ulteriormente umiliati con stipendi inadeguati, mancata valorizzazione professionale e cancellazione di diritti”.
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I sindacati sembrano già proiettatati al proseguo della protesta. “Il 24 ottobre le manifestazioni indette in tutti i territori andranno a comporre il mosaico delle nostre richieste, rendendo forte e visibile la presenza di una scuola che, unita, non si arrende. Se le voci della scuola non troveranno ascolto, la mobilitazione continuerà perché la scuola pubblica è un patrimonio del Paese che non può essere dilapidato”.
Considerando che Governo e maggioranza non si sono fermati davanti ad uno sciopero nazionale, quello dello scorso maggio, con tre dipendenti su quattro che hanno aderito, è lecito pensare che anche stavolta i sindacati otterranno risultati modesti. Anche perché sul rinnovo contrattuale i soldi sono stati già stanziati (meno di 10 euro lordi al mese) e pure sulla riforma i giochi sono ormai fatti (con assunzioni limitate a candidati nelle GaE e GM, niente Ata, aumenti solo a pochi dipendenti, presidi con poteri allargati, albi territoriali e tanto altro. Con il risultato è che la mobilitazione presto si tramuterà in azioni più dure.
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