Categorie: Politica scolastica

Contratto, Gissi (Cisl): scuola ostaggio del Mef, su stipendi e organici non se ne può più

Basta con la scuola ostaggio del Mef: con gli organici hanno fatto ostruzione, è accaduto con il concorso per dirigenti scolastici e ora col rinnovo del contratto.

A denunciarlo alla Tecnica della Scuola è Maddalena Gissi, segretario generale Cisl Scuola.

Durante un lungo colloquio con la nostra testata giornalistica, la leader del sindacato Confederale si sofferma sui tanti punti critici che caratterizzano la scuola pubblica italiana: parte dalla riforma Renzi-Giannini, con il Governo poco perspicace nel comprendere le vere esigenze del comparto, per arrivare proprio alla scarsa sensibilità che il Mef non perde di confermare in ogni occasione.

Un atteggiamento, quello prodotto dal dicastero di Via XX Settembre, che diventa la genesi dei problemi del comparto istruzione: dalla creazione di norme astruse e contraddittorie alle nomine del personale in perenne ritardo, dagli aumenti stipendiali inadeguati alla formazione di organici che non bastano a coprire i posti liberi.

 

Gissi, partiamo dalle recenti parole della ministra: sull’ultima riforma, Fedeli ha detto che il Governo ha sbagliato a non coinvolgere i docenti. Ma gli errori non sono stati anche altri?

La ministra, che ha ereditato la Legge 107/15, chiaramente cerca di giustificare l’operato dell’Esecutivo. Sappiamo bene che il problema non è nella comunicazione, ma nei contenuti della legge. Come quello delle assunzioni, attuate solo per esaurire le graduatorie: è stato deciso di fare un po’ come quando i bimbi giocano a biglie e le tirano a caso, senza pensare alle conseguenze di assunzioni spostate geograficamente di centinaia di chilometri. Secondo noi, tra l’altro, non si è stata fatta una vera riforma, visto che la didattica non è stata toccata più di tanto, ma ci si è concentrati nel realizzare principalmente una modifica architettonica.

 

Cosa intende?

I cambiamenti sono arrivati sull’organizzazione. Pensiamo ai dirigenti scolastici, lasciati soli a condurre le scuole pur con un potere decisionale che non hanno. Perché la scuola rimane sempre una comunità, dove le decisioni partono dalla base e passano sempre per gli organi collegiali. Aperture, orari e molto altro sono sempre al vaglio del Consiglio d’Istituto e del Collegio dei Docenti. Questo aspetto, legato all’importanza di far lavorare il personale scolastico in modo democratico, è stato immediatamente colto dalla senatrice Fedeli. La quale, ha portato il nuovo modo di approccio anche nelle aule parlamentari.

 

Ma il ravvedimento di chi dirige la scuola non è tardivo?

Purtroppo in pochi mesi non si potrà fare molto. Però, lo ripeto, il lavoro che sta facendo la ministra è importante per il futuro: finalmente la scuola è tornata ad essere rispettata come comunità.

 

Qual è stata la delusione più grande della Legge 107 del 2015?

La mancata riforma degli organi collegiali: ce ne era un estremo bisogno ed invece è sfumata, perdendo una grande occasione.

 

Dal prossimo Governo anche voi vi aspettate una controriforma?

No. Tutti i Governi che si formano in Italia si sono rincorsi nel mettere mano alla scuola. Invece, il nostro sistema scolastico non ha bisogno di riforme. Altrimenti si ottiene quello che è stato fatto negli ultimi decenni: una stratificazione di norme diversificate, con decreti e norme attuative che vanno a sanare, a volte a mutare e pure contraddire, il senso della legge madre. Quindi, ci ritroviamo leggi e contro leggi, con effetti catastrofici. Un Governo che ha bene in mente tutto questo e vuole amministrare bene, è fondamentale che volti pagina.

 

Su quali priorità bisognerebbe agire?

Di lavorare in serenità. Con regole chiare e finalizzate. Se si vuole cancellare il precariato, uno dei mali più grandi della scuola, si trasformi l’organico di fatto in organico di diritto: lo chiediamo da tempo. E a seguire si scansionino nel tempo le assunzioni. Senza obbligare i precari a spostarsi di regione, quasi sempre da Sud a Nord. Altrimenti, come è stato fatto con la Buona Scuola, si arriva a spendere un miliardo e mezzo per realizzare 100mila assunzioni, con tante polemiche e tanti scontenti.

 

Tuttavia, il problema delle risorse esiste: per il rinnovo del contratto, dopo 9 anni, ce ne sono davvero pochi.

È vero. Per adeguare gli stipendi all’inflazione quelli stanziati e in arrivo, gli 85 euro per intenderci, non possono bastare. Servono sicuramente più soldi di quelli indicati con l’accordo del 30 novembre 2016. Detto questo, ritengo che è sempre meglio rinnovare un contratto e ciò che ne comporta, anche sotto forma di diritti, in modo da far riconoscere un’identità alla scuola normando le richieste della categoria. Non sono d’accordo con chi dice che è meglio rinunciare a questo. Anche perché la società non vuole bene alla scuola e servono punti fermi.

 

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Però la Cisl si è detta soddisfatta di quell’accordo con la Funzione Pubblica?

Certamente. Perché potrebbe diventare una pietra miliare, con i contratti che tornano ad avere la giusta autorevolezza rispetto alle leggi, anche in vista delle prossime elezioni e della legislatura che verrà. Il contratto deve infatti tornare a ripristinare regole che siano esigibili. Non dimentichiamo che il legislatore agisce sui tempi lunghi, mentre i contratti si sottoscrivono incrociando i bisogni ed hanno un’applicabilità sul momento.

 

Torniamo agli aumenti: si parla di trasformare il bonus per l’aggiornamento professionale da 500 euro in incrementi stipendiali, anche se si tratta di emolumenti finalizzati. Cosa ci dice?

È un argomento su cui si può discutere. Esistendo questo vincolo, si potrebbe legare l’incremento a chi opera con maggiore impegno, come chi lavora in condizioni difficili e con evidenti disagi.

 

Quindi, ritenete archiviato il periodo degli aumenti a ‘pioggia’ e automatici per tutti?

Di sicuro, per tutti i lavoratori, Ata compresi, dimenticati dalla riforma, bisogna recuperare l’inflazione e la mancata applicazione dell’indennità di vacanza contrattuale. Perché le retribuzioni devono tornare ad essere un riconoscimento professionale adeguato al lavoro che si svolge. Inoltre, anche gli scatti di anzianità vanno assolutamente mantenuti. Del resto, si potrà parlare in contrattazione.

 

Quando arriverà l’accordo?

Occorre aprire il tavolo della trattativa. Speravamo per l’inizio di settembre. Ora confidiamo per la fine del mese.

 

Da cosa dipende questo ritardo ulteriore che si somma agli otto anni di blocco?

Dal ministero dell’Economia e delle Finanze. È il Mef che decide quando licenziare l’atto di indirizzo. Purtroppo, probabilmente per questo ministero più si avvicina il 31 dicembre e meglio è. I motivi li potete immaginare. Ma per noi non si può più aspettare.

 

Non è la prima volta che il Mef crea problemi alla scuola…

Infatti, è una costante. Non solo per gli stipendi del personale, davvero troppo bassi. È accaduto, di recente, anche con i 25mila posti da portare in organico di diritto, poi ridotti di quasi 10mila unità proprio per l’opposizione del ministero dell’Economia. Eppure, uno dei problemi più rilevanti della nostra scuola è proprio la mancata cancellazione dei tanti posti ancora in organico di fatto. Lo stesso ostruzionismo è stato riscontrato con il personale Ata, trascurato dal legislatore della Legge 107/15. E nei mesi scorsi pure con il concorso per dirigenti scolastici, il cui bando ora dovrebbe finalmente essere in via di pubblicazione.

 

Se la sente di mandare un messaggio al Mef?

Si potrebbe ricordare loro che non hanno ancora capito, con l’appoggio dei Governi, che ogni risorsa investita nella scuola è fondamentale per la società. Perché si tratta di un’opportunità per tutti: per i cittadini, per le industrie, per la politica. Solo la scuola può dare un vero sviluppo alla società. Al ministero dell’Economia, invece, si continua a fare spending review sulla scuola: ormai sono diventati il censore del Miur.

 

(segue)

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Alessandro Giuliani

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