“Pensioni, stop alla Legge Fornero”: uno dei passaggi chiave, su cui M5S e Lega si sono trovati d’accordo da subito, è quello della contro-riforma delle pensioni. A pagina 21 del Contratto di Governo M5S – Lega Nord, in via di definizione (la bozza da 40 pagine è ad un passo dall’essere presentata al Capo dello Stato), si affronta uno dei temi più attesi dagli italiani, anche perché alimentati durante la campagna elettorale.
E i due raggruppamenti politici non sembrano deluderle, almeno per ora: “Occorre provvedere all’abolizione degli squilibri del sistema previdenziale introdotti dalla riforma delle pensioni cd. Fornero, stanziando 5 miliardi per agevolare l’uscita dal mercato del lavoro delle categorie ad oggi escluse”. Tra cui figura proprio la scuola.
L’investimento, tuttavia, appare insufficiente: più volte, infatti, gli esperti di economia, tra cui Carlo Cottarelli, ex responsabile della spending review, ha detto che servirebbero 15 miliardi di euro iniziali l’anno. Complessivamente addirittura 70 miliardi. Questo significa che se non si stanzieranno altri miliardi , non tutti potranno beneficiare della riduzione delle soglie di accesso.
Il Contratto, comunque, contiene anche indicazioni precise su alcuni nuovi parametri utili al pensionamento.
“Daremo fin da subito la possibilità di uscire dal lavoro quando la somma dell’età e degli anni di contributi del lavoratore è almeno pari a 100, con l’obiettivo di consentire il raggiungimento dell’età pensionabile con 41 anni di anzianità contributiva, tenuto altresì conto dei lavoratori impegnati in mansioni usuranti”.
Ora, se per la pensione di anzianità, si tratta di una riduzione di meno di tre anni rispetto ai parametri attuali, quello della quota 100 sembra un salto all’indietro davvero sostanzioso: sarebbero tantissimi, infatti, nella scuola a lasciare il lavoro con diversi anni di anticipo rispetto a quelli previsti dalla riforma Fornero e aggravati dalle aspettative di vita crescenti.
Per intenderci, un docente di scuola primaria che ha iniziato a sottoscrivere supplenze annuali attorno ai 27 anni di età, si ritroverebbe le porte della pensione spalancate attorno ai 62 anni. Nel caso degli insegnanti laureati, anche prima, visto che avrebbero anche la possibilità di far figurare come contributi utili anche gli anni degli studi accademici. Non prima dei 60 anni, comunque, perché è pressoché probabile che si introduca anche questa soglia di età anagrafica minima.
Per le donne, però, ci sarebbe una “finestra” addirittura a 57-58 anni. Anche se pagando un prezzo non indifferente, in linea, probabilmente, con i costi oggi previsti dall’Ape.
“Inoltre – si legge ancora nel Contratto di Governo in via di approvazione finale – è necessario riordinare il sistema del welfare prevedendo la separazione tra previdenza e assistenza. Prorogheremo la misura sperimentale “opzione donna” che permette alle lavoratrici con 57-58 anni e 35 di contributi di andare in quiescenza subito, optando in toto per il regime contributivo. Prorogheremo tale misura sperimentale, utilizzando le risorse disponibili”. Resta da capire, quali donne potranno accedere all’opzione e a quali costi.
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