Contratto. Il sindacato fa la voce grossa?

Finalmente una buona notizia! I sindacati fanno la voce grossa! 
In questi giorni hanno rilasciato alcune dichiarazioni che ci aggiornano sullo “stato dei lavori” in vista della firma del contratto.

Le dichiarazioni esprimono il disappunto delle parti sociali per l’impostazione che il Governo sta dando al nuovo Testo Unico. Pare che il documento confermi la legge Brunetta (legge 15/09), fondata sul principio che i rapporti tra l’Amministrazione i lavoratori trovano la loro fonte privilegiata nella legge.
A questo disappunto, si aggiunge la seguente richiesta: ”se si vuole restituire dignità al lavoro pubblico e rendere efficace l’azione delle Pubbliche Amministrazioni è necessario uno sforzo aggiuntivo circa lo stanziamento delle risorse per il rinnovo dei contratti”.

Qualche considerazione. L’alzata di testa nasconde una certa ingenuità (legge Brunetta) e una consapevolezza fuori tempo massimo (aumento contrattuale ridicolo).
Mi spiego. A fine novembre, quando hanno firmato l’accordo con il governo, necessario per l’avvio delle trattative contrattuali – parte economica – hanno dichiarato e scritto “urbi et orbi” che era stato fatto un “buon lavoro” e “superata la pratica degli atti unilaterali” (S. Camusso); si esprimeva “soddisfazione per l’intesa e per gli aumenti dignitosi” (Furlan) e per un “accordo impensabile fino a un anno fa” (Barbagallo).
Dichiarazioni, quindi, impregnate di toni trionfalistici – non potevano essere altrimenti – ma che non sono riusciti ad esprimere tutte le perplessità riguardanti la revisione in tempi rapidi della legge Brunetta, considerata l’ombra incombente del nuovo Testo Unico.
Chiedo: ma i sindacati hanno veramente creduto che si potesse in pochi mesi rivedere la legge Brunetta  o quanto meno smussarne le rigidità? Se lo hanno creduto, allora hanno peccato d’ingenuità.
Sul ravvedimento poi dell’aumento non dignitoso e offensivo “non meno di 85€ lordi medi in tre anni“, tocchiamo il fondo!  
Solo adesso si accorgono di aver accettato un aumento irrisorio. Si auguravano che i lavoratori e il personale della scuola avrebbero fatto la “ola” per questo “piatto di lenticchie”? Mah! Non ho parole!
Mi auguro che queste dichiarazioni non precedano la dichiarazione di una giornata di sciopero, arma ormai spuntata che però essi ripropongono con una certa frequenza, perché otterrebbero l’unico risultato di irritare ancora di più i loro rappresentanti.
Qual è allora l’alternativa? Il compito spetta a loro, certamente però devono fare un enorme sforzo di creatività per individuare una forma di lotta democratica che non vada contro la legge antisciopero 146/90, voluta anche da essi in prospettiva “anticobas” dopo il successo che si ebbe in quegli anni – 1988-1990 – con un aumento contrattuale  medio del 23%. Quello fu l’ultimo vero contratto significativamente importante per i lavoratori.
Dopo ci fu Tangentopoli, la crisi finanziara del 1992 con la legge di Bilancio (= Finanziaria) di G. Amato da “lacrime e sangue” (93.000 miliardi di lire e prelievo forzoso e retroattivo sui conti corrernti  del 6 per mille…), il Decreto legislativo 29/93 (“moderazione salariale” e privatizzazione del rapporto di lavoro)…

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