Sulle questioni che riguardano noi insegnanti italiani, io ho fatto il mio dovere in prima persona: nell’ultima riunione sindacale ho detto pubblicamente che io eventualmente mi riscriverò ad un sindacato soltanto quando i sindacati del comparto scuola ci faranno ottenere almeno ciò che ci è dovuto.
I sindacati invece sono soltanto i portavoce dei governi (ed i governi sono i rappresentanti di chi? Di cosa?). Dobbiamo mollare i sindacati e fare una class action. Dobbiamo paralizzare le scuole una buona volta a tempo indeterminato fino a risultato ottenuto.
La minaccia di sanzioni e di orari peggiorativi serve per distoglierci dalla vera questione, che sono i soldi: è la meschina, banale ed inflazionata strategia del marketing da gioco al ribasso, cioè, la ditta ti minaccia di peggiorare la tua situazione lavorativa cosicchè, mantenendo invece la situazione pessima com’è, poi tu senti di aver ottenuto un buon risultato e batti le mani in giubilo.
Resta purtroppo il fatto che molti insegnanti hanno il/la coniuge con il portafogli a fisarmonica e quindi a costoro non importa alcunché di lottare poiché non hanno problemi economici.
Gli insegnanti italiani nelle classi parlano del risorgimento, della rivoluzione francese e russa, parlano di filosofia, che è letteralmente l’amore di conoscenza, parlano di matematica e fisica, che riguardano la logica e la realtà, parlano dell’europa, del mondo, ma gli insegnanti italiani poi nella realtà inghiottono qualunque loro mortificazione passivamente e vanno avanti a testa bassa come animali da soma, dimenticando di avere una dignità, con tutto ciò che ne consegue in termini professionali, comunitari e formativi. Io sono un insegnante, sono di ruolo da anni, ma non mi considero complice né voglio essere considerato complice di questo abominio. Questa è l’italia degli insegnanti pagati con uno stipendio miserabile sottoeuropeo e perfino fermo a dieci anni fa.
Quando in una comunità nazionale gli educatori vengono tenuti nella costante e prolungata mortificazione, allora tutta la comunità dovrebbe sentirsi mortificata. Ma questa è l’Italia, e gli italiani stessi se ne fregano e sguazzano nella loro mortificazione, anzi, sovente danno addosso agli insegnanti, una categoria considerata addirittura da alcuni “privilegiata”.
I governi vogliono farci sentire in colpa, inadeguati, lavativi, vogliono metterci gli uni contro gli altri, vogliono continuare a mortificarci e mostrano perfino di voler acuire la nostra mortificazione. Vogliono calpestarci. Vogliono massacrarci.
Di fronte a tutto ciò, noi insegnanti italiani abbiamo il dovere deontologico, etico, educativo, rinascimentale (visto che siamo proprio in Italia), di fare qualcosa di fronte alla società. Svegliamoci. Noi dobbiamo reagire, se siamo vivi.
Seguiamo il messaggio non-violento, per esempio, di Gandhi, opponiamoci pacificamente, costruttivamente, dignitosamente, in maniera laica, cristiana, buddhista, islamista, ebraica, induista, come meglio crediamo. Abbiamo un potere enorme. Allora paralizziamo le scuole. Sì, paralizziamo le scuole.
I governi saranno costretti a fare i conti con noi, con le nostre legittime esigenze, con le nostre stesse esistenze. Soltanto così otterremo ciò che ci è dovuto in bene.
Se un sindacato del comparto scuola vuole davvero dimostrare di essere automono, cioè non-colluso con lo stato, allora non deve organizzare il solito sciopero a spese di noi docenti che ci rimettiamo la paga di un giorno lavorativo per uno sfogo-farsa come fantocci in piazza contro decisioni governative sulle quali noi non abbiamo alcun peso bensì un sindacato deve promuovere ed organizzare la paralisi totale delle scuole su tutto il territorio nazionale fino a risultato raggiunto ovvero la meritata e giusta equiparazione economica dei docenti italiani ai colleghi francesi e tedeschi, come minimo.
A noi docenti italiani una volta per tutte occorre semmai un sindacato assolutamente onesto, gloriosamente risorgimentale, che sappia far riemergere il coraggio, la forza e la pacifica ma decisa reattività che ognuno di noi insegnanti ha dentro di sé, in nome dell’Italia sana contro uno stato che si dimostra mafioso verso di noi.
Al Bar Italia – Alessandro Giudice
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