Non si fermano le polemiche sul contratto integrativo sulla mobilità chiuso pochi giorni fa in modo inconsueto e contrastato.
L’accordo, infatti, è stato sottoscritto solo dalla Cisl Scuola mentre tutti gli altri sindacati hanno deciso di non firmare chiedendo invece di avere ancora altro tempo per confrontarsi con il Ministero.
“Riteniamo quanto accaduto molto grave – scrive Flc-Cgil in una nota inviata al Ministero – una gravità che travalica i contenuti stessi del CCNI, introducendo un precedente che rischia di scardinare il sistema delle relazioni e delle regole che sovrintendono i rapporti sindacali non solo nel comparto dell’istruzione e ricerca ma nella pubblica amministrazione nella sua interezza”.
Secondo il sindacato di Francesco Sinopoli i problemi, anche di carattere giuridico, sono più di uno: “La giurisprudenza ad oggi ci conforta: in molte situazioni contratti sottoscritti da singole sigle sindacali sono stati ritenuti non validi dai giudici. Tale contratto ha validità triennale e ciò stride fortemente con il fatto che è alle viste la trattativa del CCNL da cui il CCNI dipende. Riteniamo, come altre sigle, che lo stesso dovrà essere rinegoziato per il biennio 2023/2025”.
“Sul piano dei contenuti – aggiunge la Flc – un CCNI che travalica i limiti imposti dal CCNL è fuori norma. Ci riferiamo in modo particolare al fatto che si estende il blocco della mobilità per tre anni al personale già di ruolo che ottenga il trasferimento in una qualunque delle sedi della provincia indicata, quando il CCNL 2018 ha limitato il blocco al solo personale che ottenga una istituzione scolastica esplicitamente indicata nella domanda (art. 22 c.4 lett. a-1 del Ccnl 2018) e non anche qualsiasi sede acquisita attraverso l’indicazione di preferenze sintetiche”.
Ed è proprio su questo punto che la Flc annuncia persino una battaglia legale: se non si riapre la trattativa su questo il sindacato minaccia “iniziative legali utili intanto a ristabilire la legittimità degli atti e le corrette relazioni sindacali”.
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