Nonostante l’arrivo della primavera, sul rinnovo del contratto scuola si addensano nubi sempre più cupe e sembra ormai pressoché scontato che per l’apertura delle trattative bisognerà aspettare ancora diverse settimane.
Secondo la maggior parte degli osservatori bisognerà attendere almeno la conclusione delle operazioni per il rinnovo delle RSU: il voto è previsto per i giorni 5, 6 e 7, mentre l’esito delle consultazioni dovrebbe essere noto dopo la metà di aprile e cioè in periodo pasquale.
Proprio per questo motivi si pensa che l’apertura del tavolo Aran-sindacati si aprirà non prima del mese di maggio.
La trattativa, come abbiamo già avuto modo di scrivere, si presenta difficile anche per le aspettative (peraltro legittime e più che comprensibili) che sono maturate negli ultimi anni.
Il fatto è che l’entità degli aumenti è fissata dalla legge di bilancio e non, per questa tornata contrattuale, non si va molto al di là del 4,5%.
E infatti il contratto dei dipendenti delle amministrazioni centrali dello Stato si è chiuso un paio di mesi addietro con aumenti leggermente superiori ai 100 euro mensili e il contratto del personale degli enti locali di cui si discute in questi giorni dovrebbe prevedere aumenti di circa 110 euro.
Sulla stessa cifra si è chiuso nelle ultime ore il contratto dei ferrovieri che hanno spuntato anche 500 euro di arretrati per il 2021.
Sono tutti segnali che fanno presagire che per il personale della scuola sarà molto complicato poter andare al di là di questa cifra.
Ed anche la vicenda del 2013 e cioè dell’anno che per il personale della scuola non vale ai fini della progressione economica, a seguito di una legge del 2011, potrebbe essere archiviata una volta per tutti, dal momento che gli aumenti per anzianità non sono più previsti in nessun altro comparto del pubblico impiego.
Restano aperte alcune questioni di carattere normativo, a partire dal cosiddetto “diritto alla disconnessione” che i sindacati avevano rivendicato come una importante conquista del contratto siglato nel 2018 ma che – per come era stato formulato nel testo dell’accordo – si è rivelato più un dovere se non addirittura una norma capestro a tutto svantaggio del personale e dei docenti in modo particolare.
Altro tema che potrebbe essere normato in modo più preciso è quello della formazione che la legge definisce come “obbligatoria, permanente e strutturale”.
Senza dimenticare che è da anni che si discute, senza risultato, della materia disciplinare che per Ata e dirigenti scolastici è regolata per via contrattuale ma che per i docenti è affidata alla legge in via esclusiva.
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