La trattativa per il rinnovo del contratto scuola, atteso da più di 8 anni, potrebbe vivere un momento decisivo. Giovedì, alle 14.30, le organizzazioni sindacali sono state convocate all’Aran per continuare la discussione.
Dura nota dell’Associazione nazionale docenti
La farsa del rinnovo del contratto della scuola sta per volgere al termine e dalle notizie che si susseguono c’è da scommettere che verranno disattese tutte le legittime aspettative dei docenti.
La verità è che le condizioni verranno unilateralmente dettate dal MIUR secondo i noti criteri del risparmio di spesa e nulla sarà lasciato alla libera trattativa sindacale se non la sigla finale. Ciò, nonostante che all’inizio dell’anno scolastico molto si fosse promesso: di migliorare le condizioni lavorative dei docenti, di parificarne il trattamento economico ai colleghi europei, di porre rimedio ai deleteri interventi legislativi succedutisi negli anni, tra i quali primeggiano la legge 107/2015 e i relativi decreti legislativi.
Esprimiamo, a riguardo, fin da ora, il nostro pieno dissenso verso l’ennesima beffa che, a breve, verrà gabellata per trionfo dalle organizzazioni sindacali, prossime firmatarie delle proposte contrattuali governative.
Respingiamo con forza l’idea di una professione docente, per come delineata nell’atto di indirizzo Aran, sempre più marginalizzata e sottomessa al potere dirigenziale e rivendichiamo la piena autonomia dei docenti nelle scelte didattico metodologiche, in esplicazione della loro libertà di insegnamento garantita dalla Costituzione. Pertanto, non accetteremo che venga aggravato l’orario di servizio dei docenti con aggiunta di attività che lo trasformerebbero in un ottuso burocrate, impedendogli il pieno e libero esercizio dei suoi compiti intellettuali, né il rafforzamento del potere sanzionatorio in capo al Dirigente, che avvierebbe verso una deriva autoritaria i rapporti tra le parti, mentre la scuola deve essere concepita come comunità democratica. Riteniamo, inoltre, che l’aumento prefigurato di soli 85,00 euro, per giunta lordi, costituiscano una mortificazione del lavoro dei docenti, non essendo tale cifra minimamente commisurata alla quantità e qualità delle prestazioni che oggi loro sono richieste.
Invero, non sono più credibili le storielle sulla mancanza di fondi adeguati alla giusta retribuzione della categoria, poiché basterebbe destinare all’incremento della busta paga l’iniquo bonus premiale che ha solo sortito l’effetto di alimentare le disparità di trattamento, i privilegi di pochi sul sacrificio di molti, e lo strapotere del Preside sceriffo che sovente ne fa arma di ricatto, mettendo i docenti gli uni contro gli altri. Ugualmente, l’importo del bonus previsto per la formazione obbligatoria, dovrebbe essere destinato in via definitiva all’aumento stipendiale, poiché se vero che all’insegnante compete l’aggiornamento esso deve essere libero e gratuito. Senza contare lo spreco di risorse per l’attuazione di progetti di ogni tipo cui si coartano i docenti, in ossequio ad una didattica per competenze frutto della logica del “saper fare” nemica delle teste pensanti, progetti spesso di dubbia utilità che, invece di arricchire la didattica, costituiscono una sterile distrazione degli allievi dai contenuti disciplinari. Basterebbero tali risorse, ed altre potrebbero essere destinate alla scuola riducendo sprechi in ogni altro settore della p.a., ma è evidente che la valorizzazione della scuola pubblica mal si concilia con l’idea dominante di una società silente ed analfabetizzata i cui i valori sono solo di tipo economico.
Ci duole, ma il rinnovo del contratto avrebbe potuto costituire la grande occasione per le organizzazioni sindacali firmatarie, di riconquistare la fiducia dei docenti, dopo il basso profilo, le ambiguità se non addirittura l’accondiscendenza, verso scelte di politica scolastica che stanno mettendo in ginocchio la martoriata scuola italiana.
Alle organizzazioni sindacali rivolgiamo l’appello, di fermarsi, ancora possono farlo, e di avviare una vera consultazione con tutta la categoria su ogni proposta che provenga dal Governo, anzi di farsi esse stesse promotrici di una proposta discussa e condivisa con tutta la categoria. Nel frattempo, di rimettere al mittente quella indecente che il Governo vuol calare sui già flebili diritti dei docenti, senza alcun avvertibile miglioramento sulle loro già precarie condizioni economiche che, ormai, non hanno pari in Europa e, in Italia, anche con altre categorie professionali.