Ci si sta avvicinando sempre più all’avvio delle trattative per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro del personale della scuola.
Per consentire che Aran e sindacati si incontrino al tavolo è però necessario che il Governo emani l’atto di indirizzo previsto dalle norme.
E siccome il documento deve indicare anche le risorse economiche disponibili, bisogna aspettare che il Ministero del Tesoro definisca gli stanziamenti da inserire nella legge di bilancio per il 2022.
Intanto si moltiplicano le richieste sindacali per un adeguamento significativo degli stipendi dei docenti e di tutto l’altro personale.
L’ultima presa di posizione arriva dalla Flc-Cgil che in un ampio e articolato documento dimostra per l’ennesima volta che gli stipendi della scuola sono i più bassi del comparto pubblico.
Non solo, ma c’è anche il fatto che, a parità di titolo di studio, le retribuzione dei docenti sono davvero inferiori a quelle di tutti gli altri dipendenti dello Stato.
“Se si vuole rendere l’insegnamento una professione in grado di attrarre i giovani laureati e di mantenerli nel sistema scolastico – sostiene la Flc-Cgil – occorre fare in modo che le retribuzioni dei docenti siano comparabili con quelle delle altre professioni che richiedono il medesimo titolo di laurea. Diversamente è forte il rischio che, come sta già avvenendo in molti paesi, il lavoro docente diventi per i neo-laureati una scelta residuale rispetto ad altre professioni ben più remunerative e appaganti”.
Gli aumenti contrattuali – sostiene la Flc – dovranno “consentire di colmare il differenziale retributivo esistente con l’Europa e rendere il lavoro docente una professione più ambita, valorizzata economicamente e riconosciuta socialmente”.
L’obiettivo è certamente legittimo ma c’è da chiedersi quanto sia realisticamente raggiungerlo.
Per la verità gli ostacoli sembrano almeno due.
La prima difficoltà è legata al fatto che per aumentare gli stipendi dei docenti in percentuale maggiore rispetto al resto dei dipendenti pubblici è necessario un accordo delle stesse confederazioni sindacali che dovrebbero accettare incrementi diversificati fra i diversi comparti; e, almeno fin ad ora, i sindacati non sono mai stati d’accordo su una ipotesi del genere.
Il secondo ostacolo è strutturale e riguarda il fatto che fin dagli accordi degli anni novanta fra sindacati e Governo, gli aumenti salariali nel pubblico impiego non possono andare al di là dell’inflazione programmata così come stabilita dal Governo stesso.
Tutto questo significa che per aumentare gli stipendi del personale scolastico in modo da diminuire la “forbice” rispetto agli altri stipendi pubblici bisognerà trovare strade diverse. Si potrebbe per esempio incrementare il salario accessorio o introdurre meccanismi “premiali”, ma è molto difficile che i sindacati possano accettare una soluzione del genere.
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