Il testo dell’atto di indirizzo per la prosecuzione della trattativa per il contratto nazionale della scuola contiene alcuni dati interessanti che finora erano rimasti un po’ in ombra e che invece è bene conoscere.
Finora si era parlato di 300 milioni ancora da distribuire, ma la questione è un po’ più complessa.
Proviamo a chiarirla, partendo da ciò che prevedeva la legge di bilancio 2022 che stanziava appunto 300 milioni per il personale della scuola.
A questa somma vanno aggiunti, ma solo per il 2022, i 100 milioni una tantum stanziati con un decreto legge approvato nel mese di dicembre del 2022.
Si arriva così, per il 2022, a 400 milioni di cui però solamente 320 potranno essere destinati ad incrementi stipendiali fissi, in quanto la parte rimanente, pur restando a disposizione per il personale della scuola, è destinata ad altro.
Per il 2023 la disponibilità diminuisce ancora e si attesta sui 257 milioni, 227 dei quali potranno essere utilizzati per incrementare la componente fissa della retribuzione.
A questo punto i conti sono presto fatti: dividendo i 227 milioni fra il milione circa di dipendenti si arriva a 227 euro pro capite.
Ma questa è la somma che comprende anche gli oneri a carico dello Stato (si tratta di un 30% del totale): il netto si abbassa così a 160 euro.
Il “netto in busta paga” è ancora inferiore e arriva a mala pena a 120 euro annui e cioè a 10 euro mensili.
Si tratta ovviamente di una media: ai professori di secondaria di secondo grado a fine carriera potrebbero così spettare 15 euro, mentre i docenti dell’infanzia con lo stipendio iniziale potrebbero arrivare nella migliore delle ipotesi a 10 euro.
Insomma parliamo di cifre non modeste ma ancora di più.
Nulla comunque di cui gioire od entusiasmarsi.
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