Il tema del rinnovo contrattuale sta riprendendo quota, soprattutto dopo le dichiarazioni della senatrice del M5S Bianca Granato che ha parlato di stipendi del personale scolastico ai limiti della soglia di povertà.
Il problema è serio anche perché ormai il contratto scuola è ampiamente scaduto e ad attendere l’adeguamento degli stipendi ci sono più di un milione di insegnanti e Ata.
Con le ultime leggi finanziarie un po’ di soldi sono stati stanziati ma di fatto sono serviti a garantire l’erogazione del cosiddetto “elemento perequativo” introdotto con il CCNL del 2018 e l’indennità di vacanza contrattuale: ciò che resta è poca cosa, ampiamente insufficiente per un incremento stipendiale significativo.
E’ del tutto improbabile che la “promessa” del M5S di riconoscere stipendi europei ai docenti possa essere mantenuta anche se un eventuale passaggio di consegne tra Lucia Azzolina e un nuovo ministro di area PD (si parla con sempre maggiore insistenza di Anna Ascani) potrebbe servire per far ripartire qualche schermaglia con i sindacati.
Non è da escludere che il nuovo ministro, con l’intenzione di risultare gradito (o gradita) alle organizzazioni sindacati, convochi subito le parti sociali per annunciare di voler aprire il tavolo contrattuale; mossa che potrebbe servire per calmare le acque durante le prime settimane di scuola che già si preannunciano piuttosto agitate.
Ma poi ci sarà la prova del 9 perché le buone intenzioni del nuovo ministro si dovrebbero tradurre in stanziamenti significativi da inserire nella prossima legge di bilancio. E a quel punto i nodi verranno necessariamente al pettine.
In molti, infatti, parlano di utilizzare i fondi europei a partire dal cosiddetto recovery fund per finanziare almeno in parte i contratti pubblici. Per quello della scuola c’è chi pensa anche ad usare le risorse dei PON, ma l’idea non è facilmente praticabile, perché, almeno per il momento, le regole comunitarie non lo consentono in alcun modo.
Insomma, l’eventuale idillio fra un nuovo ministro e i sindacati potrebbe durare, nella migliore delle ipotesi, fino alla approvazione della legge di bilancio.
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