Sulle risorse effettivamente disponibili per i rinnovi contrattuali è nebbia fitta: secondo un’accurata analisi effettuata dalla Flc-Cgil, i soldi stanziati per i contratti sarebbero molti di meno di quelli di cui finora si era parlato.
Ma perché accade questo?
I numeri sono numeri ed è difficile capire come possa mancare certezza sugli stanziamenti.
La vicenda è piuttosto complessa ma, semplificando parecchio, la spiegazione è questa: nelle leggi di bilancio si parla genericamente di aumenti per gli stipendi pubblici anche se, per la verità, non tutti i dipendenti statali sono in regime contrattuale. Le retribuzioni di magistrati e professori universitari, per esempio, non sono definite per via contrattuale.
I calcoli del MEF hanno ridotto lo stanziamento
Senza entrare in troppi dettagli tecnici, diciamo che prima della pesentazione della legge di bilancio le risorse per i rinnovi contrattuali 2019-2021 erano pari a 1.425 milioni di euro per il 2020 e a 1.775 milioni per il 2021.
Ma, nel momento in cui si inizia a discutere la legge, il quadro cambia profondamente, e non poco.
A quel punto i conti si incominciano a fare in base alle regole definite dal MEF (le cifre stanziate non riguarderebbero solo le risorse per i rinnovi del personale contrattualizzato, ma il totale delle risorse destinate al personale dipendente dello Stato) e così le risorse contrattuali 2019-2021 diventano 955 milioni per il 2020 e 1.305 per il 2021.
Ed è a queste nuove cifre che si devono sommare gli ulteriori stanziamenti decisi con la legge di bilancio. A conti fatti per il 2020 le risorse diventano 1.280 milioni di euro mentre quelle per il 2021 arrivano a 2.905 milioni.
Contratti difficili, aumenti inferiori a quelli del 2018
E così gli aumenti a regime per tutto il personale che afferisce ai comparti contrattuali non possono superare, almeno per il momento, i 2.905 milioni di euro: la somma è di poco superiore a quella in gioco per il precedente contratto e quindi non si capisce davvero come sarà possibile garantire al personale della scuola aumenti tanto diversi da quelli attribuiti con il contratto firmato nel 2018.
E’ ormai chiaro che gli aumenti a tre cifre sono solamente uno slogan simpatico che non ha però nessuna possibilità di tradursi in pratica.