La vicenda del rinnovo contrattuale sta assumendo contorni surreali e un po’ inquietanti: tutti ne parlano, il Ministro stesso aveva presentato a grandi linee l’atto di indirizzo da inviare all’Aran, e tutto sembrava pronto perchè finalmente si potesse dare avvio alla trattativa.
Ma le cose stanno andando in modo molto diverso: ad oggi non ci sono convocazioni in vista, anzi per la verità non ci sono neppure notizie ufficiali in merito all’atto di indirizzo, senza il quale l’Aran non può procedere.
A cosa è dovuto questo ulteriore ritardo?
Le illazioni si sprecano e Ancodis (Associazione nazionale dei collaboratori dei dirigenti scolastici) afferma: “Il silenzio del Ministero preoccupa e induce a pensare male e cioè alla volontà di non voler aprire il tavolo contrattuale prima delle elezioni per il rinnovo delle RSU”.
“Ancodis – aggiunge in proposito il presidente Rosolino Cicero – è preoccupata e auspica che l’atto di indirizzo non venga condizionato dalle percentuali dell’esito elettorale ma da una visione che metta al centro il lavoro di tutte le componenti professionali oggi presenti e operanti nelle scuole autonome italiane”.
I problemi legati al rinnovo contrattuale sono molti, a partire dalle risorse economiche che, pur essendo insufficienti a rispondere alle attese e alle esigenze del personale della scuola, sono peraltro allineate a quelle stanziate per gli altri comparti del pubblico impiego.
Uno dei nodi da affrontare riguarda proprio le modalità di distribuzione degli aumenti contrattuali: dovranno essere uguali per tutti o dovranno servire anche – almeno in parte – a riconoscere il lavoro delle cosiddette “figure di sistema”?
Ancodis ha una idea precisa in merito: “Nelle Linee programmatiche presentate al Parlamento nello scorso mese di maggio il Ministro Bianchi parla di ipotesi di sviluppo di carriere, ipotesi reiterate nel ‘Piano nazionale di ripresa e resilienza’, in altri successivi documenti come il Patto per la scuola sottoscritto con i sindacati il 20 giugno e l’Atto di indirizzo politico-istituzionale per l’anno 2022 non lascia traccia di tale (fra)intendimento”.
“Per quanto ci riguarda – afferma ancora il presidente Rosolino Cicero – i capisaldi sono l’articolo 36 della Costituzione italiana, l’art. 24 del CCNL 2006-2009 e il formale riconoscimento dei docenti che ai sensi del D. Lgs 165/2001 e della L. 107/2015 si adoperano e si impegnano con alta professionalità e grande spirito di servizio in favore delle loro comunità scolastiche. Non è più possibile misconoscere qualità e quantità del lavoro quotidianamente espletato e necessario a ciascun autonomo progetto educativo. Dobbiamo uscire dal perimetro della gabbia stipendiale dell’anzianità per transitare alla piena valorizzazione professionale che non può non tenere conto dell’esperienza professionale negli ambienti di apprendimento e dell’insostituibile lavoro per il funzionamento organizzativo e didattico.”
Per la verità di sviluppo di carriera nella scuola si parla da almeno un ventennio, ma – per un motivo o per l’altro – nessun contratto nazionale e nessun provvedimento normativo sono riusciti a scalfire le resistenze delle organizzazioni sindacali che – con motivazioni diverse – sono state sostanzialmente contrarie ad una articolazione delle funzioni e delle retribuzioni ed hanno preferito demandare alla contrattazione di istituto i compensi per le cosiddette “figure di sistema”.
Con il risultato che ai collaboratori dei dirigenti o ai docenti che svolgono funzioni anche importanti all’interno delle scuole vengono riconosciuti compensi che possono variare da qualche centinaio di euro fino a 3-4mila euro (o anche più) in base a quanto previsto dal contratto di istituto.
“Il nuovo contratto – conclude Cicero – dovrebbe prevedere non solo un aumento stipendiale generalizzato per tutti, ma pure altre forme di incentivi e riconoscimenti per queste professionalità oggi pienamente strutturate in ogni istituzione scolastica”.
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