Di rinnovo del contratto nazionale del personale della scuola si parla da tempo immemorabile, dato che l’ultimo firmato è scaduto il 31 dicembre scorso.
Quando venne siglato il contratto per il triennio 2019/2021, consapevoli dei modesti aumenti ottenuti in quella circostanza, tutti i sindacati affermarono che si trattava di un accordo-ponte e che quello successivo sarebbe dovuto servire per intervenire “seriamente” su stipendi e aspetti giuridici.
Da quell’accordo sono passati ormai più di tre anni ma all’orizzonte non si vedono grandi novità.
Il problema dei tempi
La sensazione, anzi, è che questa volta non ci sarà molto tempo per approfondire le questioni relative allo stato giuridico con il risultato che, anche questa parte, venga rinviata al prossimo triennio o, nella migliore delle ipotesi, ad una “sequenza contrattuale” da sottoscrivere fra qualche mese.
Resta il fatto che – ad oggi – manca ancora l’atto di indirizzo del Governo, strumento indispensabile per dare avvio alla contrattazione.
Manca ancora l’atto di indirizzo
L’atto è importante perché non solo dovrà fissare con precisione le risorse economiche disponibili ma dovrà anche indicare gli obiettivi che il Governo intende perseguire.
Per esempio bisognerà capire in che modo il Governo vorrà affrontare la questione della formazione obbligatoria in servizio dei docenti (qualcuno sta già pensando che l’aumento della retribuzione professionale docente, fattibile con lo stanziamento dei 300milioni previsti dalla recente legge di bilancio, potrebbe servire proprio a “compensare” l’obbligo della formazione).
Ma c’è un’altra questione che forse i sindacati potrebbero portare al tavolo del confronto ed è quella relativa al cosiddetto “diritto alla disconnessione” che, a causa della formulazione poco limpida usata nel precedente contratto, si è trasformato di fatto in un vero e proprio “obbligo” ad essere connesso e a rispondere alle richieste della scuola anche in orari un po’ inconsueti.
Per quanto riguarda infine gli aspetti economici è ormai chiaro che sarà impossibile andare molto al di là degli 85-87 euro medi a testa che, per i docenti, potrebbero arrivare a un centinaio a partire dal 1° gennaio 2022 grazie al fondo per la valorizzazione della professionalità previsto dalla legge di bilancio.
Intanto va segnalato che proprio nei giorni scorsi i sindacati scuola hanno sottoscritto con l’Agidae il contratto di lavoro del personale delle scuole paritarie che prevede un aumento medio lordo di circa un centinaio di euro nel triennio 2021/2023. Aumento che viene considerato apprezzabile dai sindacati firmatari.