Il contratto scuola, per ora, è su un binario morto. L’incontro all’Aran con sindacati non ha prodotto nulla di nuovo. Valeria Fedeli ha ribadito che i soldi ci sono, ma l’obiettivo di mettere 85 euro medi lordi nelle buste paga degli insegnanti non è a portata di mano.
La Tecnica della Scuola, nella sua ricostruzione di ieri, lo aveva già segnalato e oggi Il Messaggero svela che si starebbe guardando anche all’uso di altri fondi da prelevare direttamente dal Miur, come quello dei 60 milioni a regime inserito nell’ultima Legge di Bilancio.
I sindacati continuano a chiedere che le risorse della Buona Scuola vengano destinate per il contratto, ma l’Aran ha ribadito che non può nulla e che ciò può essere atto solo tramite un atto politico.
Gli scenari
Come se ne esce da questa situazione? Con lo stesso meccanismo utilizzato per il primo rinnovo contrattuale degli statali, quello dei ministeri, firmato il 23 dicembre scorso. Stabilire, cioè, una scala di aumenti in cui ci siano categorie di lavoratori che riceveranno una cifra inferiore agli 85 euro lordi.
Come già segnalato da questa testata la differenza sarebbe poi coperta con l’elemento perequativo usato per i ministeriali. Si tratta di una cifra “una tantum” che oscilla tra i 21 e 25 euro da inserire in busta paga.
Come verrebbe finanziato questo? Il Messaggero scrive che ciò avverrebbe tramite l’entrata in vigore a marzo degli scatti. Un’ipotesi già segnalata dalla Tecnica della Scuola il 25 dicembre. I mancati aumenti dovrebbero bastare a coprire le somme necessarie ad erogare il bonus. Essere pagati soltanto per 10 mesi, dunque per il 2018, non piace però ai sindacati.
Dall’anno successivo, dal 2019, l’unico scatto che rimarrebbe nelle buste paga sarebbe quello tabellare, inferiore agli 85 euro lordi medi promessi dal governo con l’accordo siglato il 30 novembre del 2016. Ma la soluzione non potrà che essere questa, anche perché nuove risorse il governo (dimissionario) ha già fatto sapere che non potranno essere stanziate. Eventuali nuovi scatti devono essere rinviati alla prossima legge di Stabilità e alla prossima contrattazione, quella per il 2019-2022.
Il 3,48%
Un aumento fisso del 3,48% della retribuzione; che al momento, riporta Il Sole 24 Ore, significa un incremento medio delle buste paga di 75 euro (considerando come base di calcolo uno stipendio medio di circa 28mila euro). Certo, alcuni insegnanti e sicuramente il personale non docente, che hanno retribuzioni più basse dei 28mila euro, riceveranno qualche euro in meno; a differenza invece dei colleghi, professori, con stipendi più elevati, che porteranno a casa qualche euro in più.
Allo stato attuale, quindi, pensare ad aumenti generalizzati superiori addirittura a 100 euro (c’è anche chi parla di 130-140 euro) appare del tutto fuori luogo. Nella migliore delle ipotesi, con qualche artificio contabile, si riuscirà a garantire a tutti 85 euro lordi.