Da una parte l’ottimismo di Valeria Fedeli (clicca qui) dall’altro il realismo dei sindacati (clicca qui). La trattativa per il rinnovo del contratto scuola (riguarda anche il settore dell’università e della ricerca) ha vissuto il 2 gennaio il primo round senza vincitori e vinti. La partita continuerà il 4 gennaio (si parlerà anche dalla questione dei diplomati magistrali).
Il rinnovo del comparto Istruzione-Ricerca riguarda 1,1 dipendenti della scuola, 53mila degli atenei (non i prof), 24mila degli enti di ricerca e quasi 10mila dell’Afam. Secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, in bilico ci sarebbero 200 milioni di euro destinato al bonus merito. Secondo il Miur dovrebbero rimanere fuori dalla trattativa, per i sindacati, invece, dovrebbero essere inseriti dentro. Ieri è stata una fumata grigia. Si è più discusso sui massimi sistemi che su aspetti concreti.
ARAN – “Al prossimo incontro affronteremo i capitoli relativi alle relazioni sindacali e alle risorse – spiega Sergio Gasperini, presidente dell’Aran -. Poi ci concentreremo sull’adeguamento delle discipline contrattuali alle nuove disposizioni legislative”. Le linee guida sono già state tracciate. Un riconoscimento economico lordo nell’ordine del 3,48% della retribuzione. Un caso concreto? Un docente con busta paga da 26mila euro otterrebbe circa 70 euro lordi.
COSA CHIEDONO I SINDACATI – Le organizzazioni sindacali chiedono il superamento della legge 107, la contrattualizzazione di tutte le risorse (compresa la carta del docente), un governo condiviso dell’organizzazione del lavoro, a partire degli orari.
SI PARTE DAL 2016 – Come già scritto da La Tecnica della Scuola, la contrattazione parte da una proposta economica, che fa fede agli accordi di Palazzo Vidoni firmati il 30 novembre 2016, di 85 euro medi per comparto e da una proposta giuridica che punta sul pieno ripristino delle prerogative negoziali su organizzazione del lavoro e orari.
I sindacati cercheranno di inserire dentro la contrattazione, oltre i soldi previsti nella legge di bilancio 2018 per i contratti del pubblico impiego (i famosi 85 euro lordi medi mensili), anche i 640 milioni di euro, o parte di essi, già inseriti in bilancio per onorare i commi 121 e 126 dell’art.1 della legge 107/2015. Così facendo nessun docente dovrebbe recepire meno di 85 euro lordi al mese, ma molto probabilmente potrebbero essere in tanti ad ottenere un’entrata lorda mensile ben sopra i 100 euro lordi mensili.
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