La notizia era attesa da settimane, anzi da mesi e alla fine è arrivata: martedì 17 maggio alle ore 15 presso la sede dell’Aran si aprirà il confronto per la sottoscrizione del contratto nazionale del comparto scuola.
Nei giorni scorsi il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta ha firmato il testo definitivo dell’atto di indirizzo e così potrà finalmente prendere avvio la trattativa fra l’Aran e i sindacati.
Per la verità, però, i sindacati avevano già proclamato lo sciopero generale della scuola per il 30 maggio e anche dopo l’emanazione dell’atto hanno confermato tutte le ragioni del loro dissenso. Anzi, a questo punto il dissenso è persino più forte e motivato dal momento che nell’atto di indirizzo c’è scritto nero su bianco che le risorse per gli aumenti stipendiali sono davvero limitate. Peraltro l’inadeguatezza dei fondi disponibili (due miliardi in tutto, comprese università, ricerca e Afam) è nota esattamente dal mese di dicembre del 2020 quando venne varata la legge di bilancio per il 2021.
Ma lo scontro fra sindacati e Governo è a tutto campo e riguarda soprattutto il decreto legge 36 che in questi giorni sta iniziando il suo iter parlamentare. Uno dei temi oggetto di scontro è quello della formazione dei docenti.
Il Governo vuole ribadirne l’obbligatorietà anche per tenere fede ad impegni in tal senso assunti già da tempo con l’Unione europea. Su questo punto, però, i sindacati non intendono cedere e sostengono che quella della formazione è materia strettamente contrattuale e non può quindi essere regolata per via legislativa.
Nell’atto di indirizzo sono contenute anche altre indicazioni che, per ora, sono rimaste sotto traccia ma che, nel corso della trattativa, potrebbero assumere una rilevanza inaspettata. Per esempio si parla di inserire nel contratto una sezione dedicata a regolare la materia della responsabilità disciplinare dei docenti, materia che oggi è demandata esclusivamente alla legge, contrariamente a quanto accade per il personale Ata e per gli stessi dirigenti scolastici.
Senza dimenticare la questione della didattica a distanza che l’Amministrazione vorrebbe regolamentare in modo chiaro.
C’è poi il problema delle cosiddette “figure di sistema” (funzioni strumentali al piano dell’offerta formativa, coordinatori di classe, tutor dei neo-immessi in ruolo e molte altre) che – dice l’atto di indirizzo – rappresentando un insostituibile sostegno per l’autonomia e l’innovazione scolastica dovranno essere adeguatamente valorizzati ma per i quali non potranno essere previsti né l’esonero dall’insegnamento né una spesa ulteriore.
I nodi, come si vede, sono molti e per essere affrontati e risolti ci vorrà del tempo: è per questo che – almeno al momento – è difficile pensare ad una firma del contratto prima della pausa estiva.
L’ipotesi più probabile è che la chiusura della trattativa possa arrivare all’inizio del prossimo anno scolastico.
Ma – come sempre in questi casi – non si esclude neppure qualche colpo di scena.
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