Uno degli ultimi progetti di legge in materia scolastica presentato in Parlamento riguarda lo stato giuridico del personale della scuola ed è stato ispirato dall’Unicobas che da anni sostiene che i docenti (come pure tutto il restante personale della scuola) non possono essere equiparati ai dipendenti pubblici e che pertanto devono avere un contratto apposito al di fuori delle regole stabilite con il vecchio decreto legislativo 29 del 1993, quello con cui, per intenderci, era stata introdotta la privatizzazione del rapporto di pubblico impiego.
Il disegno di legge è stato depositato qualche settimana fa al Senato da tutti i senatori dell’Italia dei Valori (una proposta identica era stata presentata alla Camera un anno e mezzo fa).
Gran parte del “succo” della proposta sta nell’articolo 1: il primo comma prevede l’istituzione di “un’area contrattuale specifica per il comparto della scuola comprendente il personale docente, il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) e i presidi”.
Il secondo comma stabilisce invece che “al rapporto di impiego del personale del comparto della scuola di cui al comma 1 non si applicano le norme del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”.
Ce n’è anche per i dirigenti scolastici: l’articolo 6 prevede che tutti gli attuali d.s. transitino nel ruolo degli ispettori tecnici; i presidi di scuola saranno invece figure elettive e verranno designati dai collegi docenti.
Si prevede anche la rinascita dei consigli scolastici distrettuali e di quelli provinciali che sono di fatto spariti più per inutilità intrinseca che per volontà della amministrazione scolastica.
E si parla anche di nuovi organi collegiali.
A livello nazionale verrebbe istituito il “Consiglio superiore della docenza” con rappresentanza della professione docente sul piano nazionale, mentre in ciascuna regione si prevede la nascita di un “consiglio regionale”, in analogia a quanto avviene per altre professioni (medici, avvocati, giornalisti, ecc…).
Il consiglio superiore avrebbe anche il compito di fissare ”la retribuzione minima tabellare della funzione relativa al ruolo unico dei docenti, in misura comunque non inferiore alla retribuzione media oraria dei docenti rilevata negli Stati dell’Unione europea” e di stabilire “l’orario frontale di insegnamento, pari nel minimo a diciotto ore settimanali”.
Un disegno di legge, insomma, che non solo non troverà d’accordo la maggioranza di Governo ma che difficilmente potrà avere il sostegno degli stessi sindacati che si vedrebbero ulteriormente marginalizzati.
Ma forse all’IdV, in questa fase, interessano molto di più le iniziative politiche che possono dare “visibilità” e raccogliere consensi fra i movimenti di base, anche in vista di una prossima probabile chiamata al voto.
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