La rapida e improvvisa conclusione della trattativa del contratto scuola, università e ricerca ha stupito quasi tutti.
A non essere stupiti sono stati forse i sindacati del comparto che anzi hanno osservato che in realtà era da tempo che si stava lavorando con l’Aran e con gli uffici del Ministero per arrivare alla firma dell’accordo.
I bene informati dicono anzi che l’ultima settimana è stato tutto un susseguirsi di incontri e colloqui informali fra lo stesso ministro Valditara (o i suoi più stretti collaboratori) e i sindacati (si parla anche di incontri con i segretari confederali e non solo con quelli di categoria).
Per la verità non è la prima volta che la trattativa subisce una rapida accelerazione, ma in questa occasione, forse, si è battuto ogni record.
Fino a un paio di settimane fa in pochi (anche fra gli addetti ai lavori) avrebbero scommesso su una firma entro la fine dell’anno; i più ottimisti parlavano di conclusione subito dopo la legge di bilancio; i sindacati stessi continuavano a dire che si stava aspettando l’emanazione del nuovo atto di indirizzo che avrebbe dovuto sbloccare i 300 milioni destinati alla valorizzazione in modo da poterli aggiungere alle risorse contrattuali.
Ad un certo punto si era diffusa la notizia che lo sblocco dei 300 milioni sarebbe stato difficile per due motivi: il MEF chiedeva una norma di legge per “definalizzare” la somma la cui destinazione è prevista proprio dalla legge di bilancio 2022; inoltre Giuseppe Valditara aveva fatto capire che sarebbe stato un po’ contraddittorio definirsi “Ministro dell’Istruzione e del Merito” e contemporaneamente usare i soldi per valorizzazione e merito per un aumento generalizzato.
E, anche per questo, pareva che la firma si sarebbe ulteriormente allontanata.
Ma allora, cosa è successo?
L’ipotesi più accreditata è la Ragioneria Generale dello Stato avrebbe detto chiaramente che non era più possibile tenere fermi i 3 miliardi e mezzo delle risorse già stanziate per il rinnovo del contratto. Il timore era di sentirsi dire dalle autorità europee: “L’Italia sta piangendo miseria e chiedete soldi per le riforme del sistema scolastico e poi avete addirittura miliardi non spesi”.
“Questi soldi – avrebbero sottolineato alcuni dirigenti del MEF – vanno spesi entro il 31 dicembre, anche a costo di non firmare nessun contratto e di decidere gli aumenti mediante un atto unilaterale del Governo”.
E così i sindacati si sono di fatto arresi decidendo di chiudere rapidamente la trattativa.
Questa ipotesi sembra avvalorata da un dato noto a tutti: l’accordo politico è stato siglato nella giornata di giovedì; venerdì i sindacati sono stati convocati all’Aran e si sono trovati di fatto di fronte alle “tabelle” degli aumenti già compilate.
E così nel giro di pochissime ore la trattativa si è conclusa.
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