Con il contratto delle funzioni centrali siglato poco più di 24 ore fa è stato di fatto disatteso un principio contenuto nell’accordo Governo/sindacati del novembre 2016: la “forbice” fra le retribuzioni più alte e quelle più basse non solo non è stata ridotta ma anzi è persino aumentata.
In un primo momento il dato non appariva del tutto evidente anche perché nei comunicati sindacali si continuava a sostenere che il contratto confermava del tutto l’intesa di un anno fa. Ma adesso, dopo la pubblicazione del testo dell’accordo, è chiaro che le cose sono ben diverse.
Basta leggere con attenzione le tabelle allegate al contratto per rendersene conto.
Prendiamo, ad esempio, gli aumenti previsti per i ministeriali: per gli ispettori di divisione l’aumento sarà di 117 euro, per i direttori di divisione 109 euro per scendere fino ai 63 euro delle posizioni più basse.
In questo modo anche gli arretrati varieranno molto: al personale con gli stipendi più alti dovrebbero spettare circa 700 euro lordi, ai dipendenti con stipendi più bassi arriveranno 370 euro (sempre lordi).
Per mitigare gli effetti derivanti dai nuovi valori tabellari è stato introdotto il cosiddetto “elemento perequativo”, anche questo però assegnato in modo proporzionale ai nuovi tabellari.
In pratica per i dipendenti con un tabellare annuo di 17.140 euro spetterà una indennità perequativa di 21,10 euro mensili; per il tabellare annuo di 21.441 euro è prevista invece una indennità di 25,80 euro mensili che porteranno lo stipendio a 21.776 euro.
Grazie alla indennità perequativa, gli aumenti andranno da 84,10 euro (63 + 21,10) a 117
euro.
Se questo modello, come è molto probabile, anzi pressoché certo, verrà adottato anche per la scuola gli aumenti saranno comunque proporzionali agli stipendi già in godimento e quindi non ci sarà nessuna riduzione della forbice retributiva, come invece previsto dall’accordo del 30 novembre 2016.
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