Contributi “volontarobbligatori” e ipocrisie

Gentile Ministro, nella sua intervista al Corriere del 24 marzo lei afferma: «Non è possibile obbligare le famiglie, con metodi inappropriati, a pagare contributi che per definizione sono volontari. Questo deve essere un principio inderogabile”.

Brava, del resto lo aveva già detto anche la ministra Gelmini e ribadito con una circolare il ministro Profumo. Nulla di strano, visto che l’istruzione pubblica, come da Costituzione, è gratuita (fino al quarto anno delle superiori, poi solo circa una ventina di euro) perché sostenuta dalla fiscalità generale. Perciò, nel momento in cui mando a scuola mio figlio non dovrei pagare più nulla perché, giustamente, ho già pagato le tasse.

Però, quest’anno ho iscritto mia figlia al secondo anno di Liceo e come lo scorso anno sono stato costretto a versare (“a perfezionamento dell’iscrizione”, testuale, ndr) un contributo “volontario” di 150 euro (senza nessuna distinzione tra quota per assicurazione obbligatoria e resto “volontario”, quindi anche volendo…) e lo sa perché? Perché per un liceo con oltre 1200 studenti la dotazione ordinaria dello Stato ammonta a ben 15.000 euro (di cui 248,87 per integrazione disabili!), poi dal Comune + Provincia ne arrivano altri 15.000 mentre dai genitori 180.000 euro!

Ancora Lei al Corriere: “I presidi lo sanno, ma se qualcuno non dovesse ricordarselo lo faremo noi con una nota che ribadirà questo concetto”. Io non ce l’ho con il mio Preside, gli risparmi una ipocrita nota che gli ribadisce un concetto inapplicabile. La realtà è che senza i soldi dei genitori le scuole sarebbero costrette a chiudere, che la scuola è sempre meno pubblica.

Visto che siete così bravi a trovare qualche miliardo per i muri scolastici, provate a trovarne almeno uno da mettere anche all’interno dei muri scolastici.

Visto che siete così bravi a restituire i soldi dovuti dalle Pubbliche Amministrazioni, restituite anche alle scuole i residui attivi (cioè i crediti) che vantano da anni nei confronti dello Stato.

Buon lavoro: poche parole, poche note, qualche fatto.

 

P.s.: indirizzo anche a Renzi; già fatto una volta, nessuna risposta, ma magari stavolta trova il tempo per un

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