Si parla spesso del contributo volontario che, come dice la parola stessa, non è obbligatorio, che versano le famiglie alla scuola per l’ampliamento dell’offerta formativa.
Lo scrittore e docente Christian Raimo, in un articolo pubblicato su Domani, ha criticato molto il sistema scolastico, definendo questi contributi come “pizzo di Stato”. “Il senso dell’aggettivo ‘volontario’ è fuorviante, se non mistificatorio. Non abbiamo nessuna rilevazione su quanto pesi in termini di bilancio, di efficacia, di equità questo genere di contributo. La mancanza di dati porta chiaramente a mantenere questa pratica totalmente arbitraria”, ha detto.
“Il contributo sembra più un pizzo di Stato: chi non lo paga non solo spesso è oggetto di riprovazione, ma diventa realmente imputabile del mancato svolgimento di alcune attività. Per contrastare questa estorsione mascherata da solidarietà tra scuola e famiglie servirebbe un movimento trasversale che mette insieme genitori e docenti”, ha concluso.
Come abbiamo ricordato, contributi scolastici delle famiglie sono assolutamente volontari e distinti dalle tasse scolastiche che, al contrario, sono obbligatorie, con l’eccezione dei casi di esonero.
Ricordiamo in proposito che il principio dell’obbligatorietà e gratuità dell’istruzione, previsto dall’articolo 34 della Costituzione, è stato esteso dall’attuale normativa fino a ricomprendere i primi tre anni dell’istruzione secondaria superiore. In tutte le istituzioni scolastiche statali, pertanto, la frequenza della scuola dell’obbligo non può che essere gratuita, mentre, per le sole classi 4° e 5° della scuola secondaria di secondo grado, fatti salvi i casi di esonero, essa è subordinata esclusivamente al pagamento delle tasse scolastiche erariali.
Nessuna ulteriore capacità impositiva viene riconosciuta dall’ordinamento a favore delle istituzioni scolastiche, i cui consigli di istituto, pur potendo deliberare la richiesta alle famiglie di contributi di natura volontaria, non trovano però in nessuna norma la fonte di un vero e proprio potere di imposizione che legittimi la pretesa di un versamento obbligatorio di tali contributi.
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