Le indicazioni proposte dal Ministro Valditara per restituire alla scuola la dimensione educativa e formativa sono state lette con diversi tipi di occhiali.
Intese come norme restrittive, sono apparse autoritarie, invece appare ben evidente il richiamo all’autonomia della singola istituzione scolastica e le indicazioni nazionali vanno lette come suggerimenti e guida di possibili scelte da fare in relazione ai diversi contesti e alle particolari situazioni e circostanze che caratterizzano l’evento da esaminare.
Gli obiettivi guida dei provvedimenti da adottare (ripristino della cultura del rispetto; affermazione dell’autorevolezza dei docenti e riporto della serenità nelle scuole), sono condivisi e non solo dagli operatori scolastici; anche le famiglie si sentono coinvolte in questi eventi che creano disagio e scompensi alla regolarità e all’armonia della vita scolastica.
Gli studenti, per la maggior parte, sono il riflesso dell’educazione e dello stile di vita che si respira in famiglia, ma spesso vengono condizionati dal gruppo che si frequenta e da una spiccata voglia di opposizione a tutto e a tutti.
I ragazzi di oggi hanno tutto e non sono contenti.
La scuola è una comunità, non può essere equiparata ad una caserma, ma i principi e i valori della buona educazione non dovrebbero essere messi in discussione.
I regolamenti d’Istituto dettano precise norme di comportamento che necessitano la conoscenza e la condivisione da parte di tutti i componenti della Comunità scolastica. In molti Istituti vengono presentati e discussi in assemblea con gli studenti che diventano in tal modo protagonisti nelle decisioni da assumere e nelle proposte attuative da concordare per un efficace e sereno svolgimento della vita scolastica, nel rispetto dei diritti di tutti e di ciascuno e ancor meglio nel rispetto dei ruoli specifici che caratterizzano gli studenti, i docenti e i genitori.
Come ha scritto Paulo Freire: “Il voto in condotta non dovrebbe essere un fine, ma un mezzo per educare alla responsabilità e alla consapevolezza” e quindi come “mezzo” va usato in maniera opportuna e adeguata alle circostanze.
La proposta dell’esame di riparazione di Educazione Civica a settembre per coloro ai quali viene assegnato il 6 in condotta, secondo alcuni viene considerato un richiamo all’importanza non tanto di una materia di studio, trasversale a tutte le discipline, bensì un richiamo a quel corretto comportamento che dovrebbe scaturire dall’efficacia dell’apprendimento che modifica “il modo di pensare, di sentire e di agire” dello studente e diventa ancor più efficace se supportato da esempi e testimonianze da parte degli adulti.
Certe azioni di bullismo o comportamenti non consoni al corretto vivere civile sono, infatti, espressione di un ribaltamento del progetto dell’uomo in piedi, secondo l’ordine: pensiero, sentimento, azione (testa, cuore, membra) e mettendo al primo posto l’azione si agisce senza pensare , quasi si cammina a testa giù e piedi in aria e si provocano gravi danni agli altri e a se stessi.
Prove tecniche di Educazione Civica
Quale aspetto dell’Educazione Civica va riparato a settembre? Con quale criterio e sistema?
Non credo sarà sufficiente studiare gli articoli della Costituzione, e tutti gli altri settori educativi: salute, benessere, legalità, galateo, rispetto delle regole educazione stradale, ambientale come potranno essere recuperate?
Applicando il principio pedagogico del “learning by doing” proposto da John Dewey, potrebbe essere efficace la descrizione illustrativa di un racconto-evento-rappresentazione in cui i personaggi mettono in azione comportamenti corretti all’insegna del rispetto, della legalità e dell’armonia sociale.
Nell’esperienza di attività didattica sul bullismo è risultato di gran lunga più efficace di tante lezioni teoriche la messa in scena della simulazione di un processo in cui i ragazzi stessi hanno svolto il compito di giudice, pubblico ministero, avvocato difensore, giuria, colpevole e vittima.
L’atto di bullismo è stato stigmatizzato e l’apprendimento è stato efficace nella modifica degli stili di comportamento. Anzi, ancora di più, il ragazzo che allora svolgeva il ruolo di giudice, è oggi avvocato e ammesso al concorso di magistratura.
Il fare diventa espressione del pensare e nella scuola è bene che i ragazzi imparino ad “agire senza mai smettere di pensare”.
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