9 ragazzi su 100 in Lombardia abbandonerebbero la scuola: le cause? Le solite: demotivazione, mancato controllo dei genitori, disagio, povertà, lavoro prematuro.
Il corriere della Sera interpella i presidi di alcune scuole per capire meglio il fenomeno e come risolverlo, se è vero che anche in Lombardia, in alcune realtà soprattutto, l’abbandono e la dispersone scolastica sono altrettanto numerosi come in Campania e in Sicilia.
Da queste parti tuttavia la dispersione media è di 20 ragazzi su 100 e in alcune periferie “calde” anche di 30 su 100.
Ora se in Sicilia del fenomeno si interessò, presidente Claudio Fava, persino la Commissione Antimafia, in Lombardia i dirigenti scolastici sembrano più ottimisti. E infatti le loro risposte alla domanda del Corriere sono state per lo più rassicuranti.
Rileviamo tuttavia due aspetti assai singolari: dei richiami agli oratori fondati da Giovanni Bosco, e dunque a esperienze pedagogiche ottocentesche, e a proposte che da sempre, almeno dal 1968, vengono fatte e non solo per contenere dispersione e abbandoni, ma anche per fare della scuola luogo di aggregazione culturale e sociale, luogo di confronti e di svago, compresa la produzione e la realizzazione di musica, seguendo sia i nuovi generi e sia i più classici.
E a Milano, in alcune scuole, sfruttando i fondi del Pnrr, dei risultati appaiono del tutto imitabili e appropriati, sfruttando proprio questi filoni.
Ecco le testimonianze di alcuni di questi presidi, tratte dal Corriere.
“Teniamo la scuola aperta ogni giorno fino alle 18, così gli alunni hanno spazi e occasioni per studiare insieme. A volte capita che ragazzi sospesi per provvedimenti disciplinari si presentino a scuola nel pomeriggio, per stare con gli altri. Hanno bisogno di figure di riferimento solide, le trovano spesso nei docenti, ma purtroppo Milano è la capitale del precariato e il turnover non aiuta”.
Dichiara un’altra preside: “Usiamo i fondi Pnrr per corsi pomeridiani di rap, street art, podcast che attirano i ragazzi delle medie, che mostrano anche di apprezzare i progetti di orientamento: hanno capito che devono conoscersi per non perdersi. Inoltre sono fondamentali lo sportello psicologico e il servizio di mediazione culturale; collaboriamo con altre realtà, come la Rete QuBì o la parrocchia”.
E ancora: “La nostra ricetta è puntare sul protagonismo dei ragazzi. Abbiamo avviato un progetto con Save the children in cui gli studenti fanno riunioni periodiche portandoci proposte per migliorare la scuola. A volte ci chiedono cose irrealizzabili. Ma si dialoga e ci si viene incontro. Una gita ogni mese non è possibile, più uscite a piedi sul territorio sì. Vediamo che, sentendosi più coinvolti, amano di più venire a scuola. Abbiamo poi anche attività sportive e teniamo uno stretto contatto coi genitori”.
“Noi, quando ci rendiamo conto che per un ragazzo stare sui banchi in questo momento non è proprio possibile, ci inventiamo percorsi alternativi e, grazie ad aziende partner, proponiamo di fare un’esperienza lavorativa, sotto il nostro tutoraggio. È meglio così, piuttosto che vederli sparire da un giorno all’altro. Un altro buono strumento è lo sportello psicologico. Il Pnrr ha portato molti fondi e vorrei far partire anche il counseling di famiglia, ma purtroppo non è semplice trovare figure che abbiano le competenze adatte”.
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