Il disegno di legge “Interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo”, che in questi giorni è all’esame della Commissione Lavoro della Camera, sta già provocando perplessità e polemiche anche nel mondo della scuola, come riferito in altre occasioni da questa testata.
Nel caso il testo sarà approvato senza modifiche diventerà legge dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Altrimenti dovrà ritornare al Senato fino a quando entrambe le camere approveranno lo stesso testo.
Il ddl prevede l’uso dei dati biometrici del personale (per esempio impronte digitali) ma stabilisce anche che per l’acquisto della strumentazione necessaria il Ministero dell’Istruzione dovrà fare fronte con le risorse già disponibili.
Proprio il controllo con rilevazione biometrica non sembra andare giù al personale scolastico, anche se ciò potrebbe anche riservare un vantaggio: la mancanza di strumenti documentali per accertare la presenza e la permanenza a scuola durante le attività funzionali all’insegnamento ha fatto sì che, finora, i sistematici sforamenti dell’orario di lavoro obbligatorio non abbiano mai dato luogo al pagamento dello straordinario, scrive Italia Oggi.
Infatti, l’obbligo di adempiere ad operazioni di rilevamento automatico delle entrate e delle uscite assume rilievo solo per quanto riguarda il personale non docente. Perché tale obbligo può sussistere solo in presenza di una norma di legge o di contratto. Si tratta dell’orientamento della Suprema corte (tra le tante si veda la sentenza 11025 del 12 maggio 2006).
E questo ha spianato la strada alle tantissime ore di sforamento delle attività funzionali, senza che queste potessero sempre essere retribuite.
Pertanto, nella proposta di legge non si nasconde soltanto un controllo (forse eccessivo) dei lavoratori della scuola, ma a ben vedere, tale penalizzazione potrebbe tramutarsi in un vantaggio per i lavoratori, specie i docenti che da sempre non riescono a farsi riconoscere completamento le ore di straordinario.
Ne consegue che il decreto concretezza potrebbe costituire in futuro un vantaggio per gli insegnanti, nel caso in cui servano prove contro l’amministrazione che non retribuisce le ore eccedenti e costringere questa a rispettare le norme contrattuali.
Le organizzazioni sindacali, per il momento, hanno storto il naso davanti a tale controllo biometrico del lavoro dell’insegnante.
Ad esempio Maddalena Gissi, segretaria nazionale di Cisl Scuola, riferisce che “credevamo che la stagione dei lavoratori pubblici assimilati a fannulloni fosse finita – afferma Gissi – ma dobbiamo purtroppo ricrederci: questo governo rilancia e rafforza un’idea del lavoro pubblico sostenuta da un misto di pressapochismo e di demagogia che offende, indigna e preoccupa”.
Contraria anche l’ANP: “sarebbe erroneo pensare di raggiungere l’obiettivo di maggiore efficienza ed efficacia del sistema dell’Istruzione attraverso metodi offensivi della dignità dei professionisti e lesivi dell’autonomia della figura dirigenziale prevista dall’ordinamento”.
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