I lettori ci scrivono

Convivere a scuola, la buona educazione tra studenti e docenti

L’onestà di può definire come l’integrità morale che si traduce in un comportamento improntato costantemente a caratteri compresi in un vasto ambito che va dalla correttezza alla virtù. La correttezza viene intesa come un comportamento secondo le buone regole della morale e dell’educazione. La virtù è da considerarsi come una disposizione d’animo volta al conseguimento del bene. Dunque una qualità, un pregio o una dote. Proviamo ad applicare quanto sopra detto allo studente ancora in età adolescenziale: un delicato periodo della vita che richiede una particolare attenzione.

Non sempre si configura proprio come “difficile”. Le “crisi” possono avvenire a diverse età. La vita di classe durante le ore di lezione si svolge in un ambiente ben circoscritto: aula, laboratorio, palestra e nel cortile o corridoi durante gli intervalli di ricreazione. Possono verificarsi situazioni nelle quali ognuno è chiamato a fare qualcosa per gli altri. Così, a titolo di esempio, se il mio compagno vicino di banco incontra qualche difficoltà a capire un concetto io, che lo assimilo più facilmente, non avrò alcuna remora ad aiutarlo affinché pure lui si trovi alla stessa pari con gli altri. Ricevo un grazie? “Non ho fatto niente di particolare. A me basta che tu abbia compreso e  che io sia stato esauriente durante la mia esposizione”, sarà la mia risposta. Ottengo indifferenza? 

“Va bene ugualmente. Sono parimenti soddisfatto in quanto penso di aver compiuto una buona azione”. E le buone azioni, se fatte con l’intenzione di farle, lasciano nell’animo un qualcosa di non facilmente descrivibile. Dire contentezza, forse, potrebbe essere non sufficiente. È senz’altro di più. Similmente dicasi se dovessi, mio malgrado, assistere ad episodi di bullismo. Il mio atteggiamento non è solo quello di intervenire immediatamente per fare cessare questa odiosa pratica, ma soprattutto di denunciare a chi di dovere e di non rendermi complice con comportamenti omertosi. Non me lo perdonerei mai. Facile a dirsi? Difficile da praticare? Bisognerebbe avere il coraggio di andare controcorrente. Ancora. C’è la non buona abitudine di usare il cellulare durante le ore di lezione.

Questo strumento, benché utile, presenta la problematica dell’uso non corretto che se ne fa arrecando disturbo e, peggio ancora, realizzando certi video che, immessi nella rete, arrivano a distruggere la persona presa di mira.

Perché non prendere in considerazione l’idea di una formazione sul corretto utilizzo che parta direttamente da voi ragazzi? Sarebbe un grande segno di maturità, responsabilità e senso del dovere che aiuterebbe non poco i vostri insegnanti nel loro non facile compito. “Come fosse facile quando la composizione del gruppo classe non lo consente”, si potrebbe osservare. Perché non provare, per esempio, durante le assemblee di classe? Gli esempi sarebbero molti altri…                          

Todeschini Giovanni  

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