Tra i diversi modelli di gestione della classe proposti dalla ricerca psicopedagogica più attuale, il cooperative learning, l’apprendimento cooperativo, riveste oggi in diversi settori un ruolo emergente nel processo di insegnamento apprendimento, poiché alla luce delle esperienze condotte in questi decenni in vari contesti, si evidenzia una sua specifica e potente valenza formativa ed educativa.
Collaborare (labor-cum) vuol dire lavorare insieme, prevedendo una condivisione dei compiti, ed una esplicita e determinata intenzione di aggiungere valore a ciò che si sta facendo, per creare insieme qualcosa di nuovo o di diverso. Ciò avviene attraverso un processo collaborativo deliberato e strutturato, in alternativa ad un semplice scambio di informazioni o esecuzione di istruzioni dell’insegnante.
Un’ampia definizione di apprendimento collaborativo fa riferimento all’acquisizione da parte degli studenti di conoscenze, abilità e atteggiamenti che sono il risultato di un’interazione di gruppo o, detto più chiaramente, un apprendimento individuale come risultato di un processo di gruppo.
L’apprendimento cooperativo nella sua accezione più profonda ed autentica è quindi una filosofia educativa, non una semplice tecnica d’aula; non solo una efficace metodologia per l’insegnamento e l’apprendimento, ma soprattutto un contesto educativo in cui imparare e crescere insieme.
Mario Comoglio lo identifica come “un modo nuovo di ‘fare scuola’, che integra in una sintesi quasi “naturale” alcune prospettive che sono al centro della riflessione educativa più avanzata, come la comunità di apprendimento, l’insegnamento individualizzato, la valutazione autentica e la cognizione situata”.
Ne parliamo diffusamente in questa intervista con Riccarda Viglino, ex insegnante di scuola primaria, formatrice, autrice di un recente volume sull’argomento.
Su questi argomenti il corso Progettare lezioni in Cooperative Learning, a cura di Claudia Matini, in programma dal 22 febbraio.
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