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Coronavirus, a scuola potrebbe essere meno diffuso. Ma la riapertura deve essere in sicurezza

Sono pochi i focolai di contagio da coronavirus nelle scuole perché i bambini ed i giovani sembrano essere le “vittime” meno preferite dal covid-19. Ecco perché la diffusione del coronavirus potrebbe essere meno diffusa a scuola.

E’ quanto afferma l’Organizzazione mondiale della sanità, in un focus dedicato a scuole e Covid-19. Secondo gli esperti di Ginevra, “bambini e adolescenti fino a 18 anni rappresentano dall’1 al 3% delle infezioni segnalate, anche se questa fascia d’età costituisce il 29% della popolazione mondiale“.

Il tema ritorno a scuola è certamente impregnato sull’aspetto sanitario e della sicurezza: le linee guida e le indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico si reggono proprio sul distanziamento e le misure di sicurezza.

Ritorno a scuola: i più piccoli sono meno esposti

Il focus dell’OMS invece vuole “valutare il rischio di infezione nei bambini e per comprendere meglio la trasmissione in questa fascia di età”, si legge su ADNKronos.

Lo studio infatti riferisce che i bambini “hanno generalmente una malattia più lieve e un minor numero di sintomi, a volte i casi possono passare inosservati. E’ importante sottolineare che i primi dati degli studi suggeriscono che i tassi di infezione tra gli adolescenti possono essere più alti rispetto ai bambini più piccoli. E alcuni studi di modellizzazione suggeriscono che la riapertura delle scuole potrebbe avere un piccolo effetto su una più ampia trasmissione nella comunità”.

Quindi i rischi maggiori, in base a quanto riporta questo Focus reso pubblico dall’OMS, potrebbero aversi alle scuole superiori e meno alle scuole dell’infanzia e primaria, ad esempio. E’ chiaro che si tratta di uno studio e che ad ogni modo, ogni risultato deve essere preso con le pinze e non trasportato in maniera fedele alla realtà.

Eppure, già le linee guida hanno previsto per le scuole superiori l’utilizzo della DAD: per le scuole secondarie di II grado, una fruizione per gli studenti, opportunamente pianificata, di attività didattica in presenza e, in via complementare, didattica digitale integrata, ove le condizioni di contesto la rendano opzione preferibile ovvero le opportunità tecnologiche, l’età e le competenze degli studenti lo consentano. Quindi, appare piuttosto quantomeno in linea la scelta del Ministero, che ha spinto altre volte ad integrare la DAD con la didattica in presenza in questo periodo particolare.

Ritorno a scuola: la mascherina?

L’OMS, tuttavia, non perde occasione di ribadire che nonostante i dati di questo focus, il ritorno a scuola deve essere in sicurezza: gli esperti dell’Oms invitano a tener conto del tasso di circolazione del virus, ma anche a rispettare misure di igiene e distanziamento, adottare una ventilazione naturale dei locali evitando il ricircolo d’aria e a far sì che chi sta male resti a casa.

La mascherina? l’OMS ha spiegato: “la decisione di indossarle dipende dalla valutazione del rischio. Ad esempio, quanto è estesa Covid-19 nella comunità? La scuola può garantire una distanza fisica di almeno 1 metro? Ci sono studenti o insegnanti con problemi di salute?”.

Sul ritorno a scuola in sicurezza in Italia, seppur con fatica, ci stiamo muovendo: proprio poche ore fa il Ministero ha annunciato che si stanno stringendo  i tempi sulla realizzazione dei test sierologici al personale e campione agli alunni, da fare a settembre, uno dei tasselli per la ripresa in sicurezza per settembre.

Proprio sugli alunni e i test sierologici, ricordiamo, si è aperta una piccola polemica che è culminata nel nostro sondaggio che ha visto partecipare tantissimi lettori e che hanno espresso la necessità di attivare i test sierologici anche per gli alunni prima dell’avvio di settembre.

Dal punto di vista del distanziamento, oltre alle indicazioni delle linee guida, abbiamo riportato i consigli che vengono dal Veneto, dall’Emilia Romagna e dal Lazio.

 

 

Fabrizio De Angelis

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