In questo periodo così buio che ha richiamato alla memoria letture spesso dimenticate, che vanno dal Manzoni a Boccaccio, da T. Mann e E. A. Poe, da Camus a Sartre, da Flaiano a Gadda insieme a tutte le altre storie sulle pesti e sulle invasioni dei topi, che a loro volto hanno dato vita ad altri terrori letterari soprattutto in Germania, l’unico periodo più vicino alla nostra contemporaneità in cui è possibile fare un raffronto con la chiusura delle scuole, riguarda la Seconda guerra mondiale.
Una prima interruzione delle lezioni, sulla base dei dati da noi raccolti, avvenne nel corso dell’inverno 1942, mentre nell’estate del ’43, a seguito dell’imminente sbarco anglo – americano in Sicilia, come racconta Andrea Camilleri, le scuole dell’Isola vennero chiuse e gli esami di Stato soppressi, e fu considerando valido la scrutinio del terzo trimestre.
Una scelta forzata che forse anche per quest’anno scolastico verrà adottata, in considerazione della forzata chiusura delle scuole per la pandemia in corso.
Un similare intervento, scuole chiuse ed esami in forse, si ha ancora negli anni fra il 1943/44, con l’Italia divisa in due dalla Linea Gotica.
In quel periodo, e con le efferatezze che si perpetravano soprattutto al Nord, viene richiesta la soppressione degli esami di riparazione di settembre, visto pure che molti docenti hanno difficoltà a spostarsi e tanti alunni sono sfollati a causa dei continui bombardamenti i quali fra l’altro rendono pericolo stare ammassati nelle scuole. In quella occasione e per l’eccezionalità degli eventi non verranno inviati i temi ministeriali per gli esami di Stato e dunque ciascuna scuola si arrangia come può.
Ma la scuola è ancora coinvolta nella guerra a causa sempre dei bombardamenti, per cui nel 1944 si cerca di venire incontro agli alunni sfollati con le famiglie. Infatti le scuole del Nord decidono di non tenere conto delle assenze dei ragazzi, mentre i programmi scolastici, in mancanza di tecnologie digitali, vengono esposti nelle bacheche per favorire lo studio individuale. Nello stesso tempo, per i tanti studenti chiamati sotto le armi, si richiede, qualora volessero affrontare gli esami di Stato, di non essere rigidi nei voti.
Se al Sud dunque la scuola cerca di organizzarsi, anche se mancano molti docenti, morti come ufficiali nei vari campi di battaglia, al Nord si intensificano i bombardamenti nelle grandi citta, per cui è giocoforza chiudere le scuole e in mancanza di direttive precise (ricordiamo la Rsi a Salò e un governo provvisorio al Sud sotto l’egida alleata) ciascuna scuola si organizza alla meglio, compreso lo svolgimento degli esami di Stato, benchè da Salò continuino ad arrivare disposizioni e ordinanze.
Il 1945 è l’anno della svolta, con la caduta definitiva di Salò, l’arresto e la successiva fucilazione di Mussolini, mentre a Caserta viene firmata la resa delle truppe tedesche in Italia e la fine delle ostilità.
In ogni caso la caduta del fascismo e il successivo ristabilirsi della democrazia in Italia non portano particolari rinnovamenti alla scuola e bisognerà attendere la metà degli anni 50, con la crescita della popolazione scolastica, l’implementazione dei primi interventi del ministero, caratterizzati dalla volontà di rendere meno dura e selettiva la scuola gentiliana.
Ricordiamo tuttavia che nel 1935 venne introdotta una nuova materia, obbligatoria in tutte le scuole secondarie, inferiori e superiori: la “cultura militare” con 30 ore di insegnamento all’anno, impartite da ufficiali della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale.
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