Sono almeno quattro i nodi da sciogliere a breve nel settore scuola: la conclusione e la validità dell’anno scolastico, la valutazione, l’esame di stato.
Riguardo al primo punto, vista la situazione epidemiologica, il ritorno a scuola è lo scenario più improbabile. Lo stiamo capendo ogni giorno più chiaramente di fronte al numero crescente dei contagi e a quello impressionante dei decessi.
Quanto alla validità dell’anno scolastico sul piano giuridico e formativo, elenchiamo le poche certezze e i tanti problemi aperti.
Il Dl del 2 marzo 2020 ha stabilito che “qualora le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione non possano effettuare almeno duecento giorni di lezione a seguito delle misure di contenimento del Covid-19, l’anno scolastico 2019-2020 conserva comunque validità anche in deroga a quanto stabilito dall’articolo 74 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297”.
Su come dare continuità, nell’emergenza, al servizio d’istruzione sono però emerse diverse difficoltà. Fin da subito il ministero ha sollecitato le scuole ad attivarsi a distanza al fine di tutelare il diritto costituzionalmente garantito all’istruzione e rendere valido un anno scolastico anomalo (Nota n. 279/2020). La quasi totalità delle scuole ha progressivamente attivato forme di didattica a distanza. Come ha detto la ministra Azzolina nel discorso del 26 marzo scorso al Senato, finora il 93% delle scuole italiane ha risposto al monitoraggio, sempre in aggiornamento, circa l’attivazione della didattica a distanza, indicando classi e alunni coinvolti. La percentuale scende al 67% se consideriamo le scuole che hanno previsto anche delle specifiche forme di valutazione per l’attività svolta.
Su questo aspetto cruciale si stanno concentrando al massimo gli sforzi del ministero, affinché le scuole possano concludere “legittimamente” l’anno scolastico.
I problemi correlati sono due, uno pratico e strumentale, uno metodologico e didattico.
Il primo riguarda le famiglie in difficoltà, e purtroppo emergono disuguaglianze fra chi può offrire ai figli i migliori device e chi invece ha scarse possibilità economiche e può mettere a disposizione al massimo un cellulare scambiando informazioni via WhatsApp. Per evitare il rischio di studenti sfavoriti o emarginati a causa del digital divide, il ministero sta mettendo a disposizione delle istituzioni scolastiche 85 milioni di euro per l’anno 2020, di cui 10 milioni per piattaforme e strumenti digitali per l’apprendimento a distanza, e 70 milioni per fornire gli studenti meno abbienti di dispositivi digitali individuali in comodato d’uso.
Riguardo all’aspetto didattico, con la Nota 388/2020, sono giunte le “Prime indicazioni operative” per rimodulare gli obiettivi formativi sulla base delle nuove esigenze. Lo scopo è di orientare le scuole e ricondurre tutte le esperienze e le attività svolte in un contesto di “piena sostenibilità giuridica e amministrativa”. Si raccomanda di attivare “uno o più momenti di relazione tra docente e discenti”.
E chi non ha svolto la didattica a distanza? Resta il problema per quella parte di studenti che non ha svolto l’attività didattica a distanza, per carenze strumentali o di connessione.
Lo stesso vale per gli alunni con disabilità. Dal monitoraggio fatto, risulta che 89% delle scuole abbia predisposto attività e materiali specifici. E gli altri?
È evidente che tutti costoro non possono essere penalizzati se, per vari motivi, non si è potuto garantire con continuità il diritto allo studio. Si può pensare allora a una “promozione con riserva” condizionata a un recupero da fare l’anno successivo? Lo stesso si può fare per i debiti non recuperati? Tutto da vedere.
Ormai però i tempi stringono e da più parti si chiede “certezza”, non “orientamenti” ma decisioni. C’è chi propone una cabina di regia per definire una “strategia di uscita” condivisa, e chi chiede un’ampia consultazione con tutte le parti interessate, dalle forze sociali e professionali a quelle politiche e genitoriali.
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